Pasta con sugo di lenticchie (tra anarchia e femminismo)

Una decina di anni fa partecipavo spesso alle manifestazioni femministe che capitavano vicino casa. Ci andavo sempre con il tipo con cui uscivo, chiunque egli fosse: andavamo al cinema, al pub ed in generale in giro un po’ ovunque, non è che la manifestazione femminista fosse una roba diversa.

Quella volta che siamo andati alle giostre.

Ed invece lo era, puntualmente. Descrizione in breve dell’evento:  200 donne in croce con megafoni e, di solito, uno – al massimo due – carretti con casse e microfoni. La differenza tra questa e tutte le altre manifestazioni era la mancanza quasi totale di musica. Si camminava, depressi (anzi, depresse) e compostissimi (anzi, compostissime), ascoltando una tipa leggere l’elenco senza fine di vittime di stupri, omicidi, donne ammazzate da mariti o ex mariti o fidanzati o padri.

Non vediamo a chi sta sparando, ma è un uomo. Sta sicuramente ammazzando una donna.

La tipa non si limitava ad elencare nomi o fatti: ti raccontava nei dettagli i martiri che ‘ste poveracce avevano dovuto subire.
C’è poi anche un altro particolare impostante che differenziava la manifestazione femminista da una – boh – omosessuale, comunista, operaia, contro gli yogurt al limone: io, in quella femminista, non ho mai potuto marciare tra le prime file. Essendo sempre accompagnata da un maschio – come osavo?? Ero forse obbligata a portarmelo dietro? Anzi, forse MI OBBLIGAVA?? – venivo sempre sgridata ed additata da quella con il megafono. Gli uomini dietro, urlavano incazzate. E noi ce ne facevamo una ragione.

La tipica femminista che ti redarguiva, aggiungendo frasi colorite.

Tornavo a casa arrabbiata e depressa. Questo lavaggio del cervello contro l’uomo bianco violento proprio per natura perché maschio non aveva alcun senso e toglieva ogni scopo ad una manifestazione che già di per sé non è che contasse un grande numero di partecipanti.

Mi sono da sempre pensata come femminista, ma femminista come quando mi definisco anarchica. Auguri a trovare una casella dove cacciare un anarchico. Non esiste, non può esistere: l’anarchico pensa a modo suo, ogni anarchico ha un’idea del mondo differente e non tenta neppure di spiegarla agli altri. Quasi come se spiegarla – con insistenza, intendo, come fosse un’evangelizzazione – potesse risultare una forzatura. E poi la visione del mondo cambia con il maturare della persona. Magari ci possono essere delle linee guida generiche, ma non più di questo. Sono un anarchica individualista, potrei dire, ma tanto è solo un’etichetta. La realtà è che ho aspirazioni per il (mio) mondo semplicemente mie.
Il femminismo per me è stata sempre una cosa simile. Non tanto una corrente politica, quanto una potenzialità, un’opportunità.

Suffragette urrà!

Oggi è chiaro che femminismo è solo una parola che si contrappone alla parola maschilismo. Quasi come se sovvertire l’ordine di importanza – prima le donne! – significasse un miglioramento. Il femminismo è nato, in un certo senso, morto. Una volta che è stato impostato come un desiderio della donna di avere la stessa, identica vita di merda dell’uomo, non c’è stato più molto da dire.
Eppure avrebbe potuto essere molto di più – potrebbe essere molto di più.

Tipica Donna che tenta di ammazzare il marito e, se ce la fa, tutte ad applaudire. Perché avrà ben avuto i suoi motivi.

Si sarebbe potuto aprire un dibattito sul lavoro utile. Perché aspirare all’andare a lavorare – che va bene, anzi, va benissimo – ma dimenticarsi del lavoro compiuto fino ad oggi? Le donne sono state sempre casalinghe e madri. Perché non focalizzarsi un attimo su questi ruoli, comprendendone l’importanza ed integrandoli in un concetto economico? Sei pagata per fare la mamma. E da un primo storcere il naso, questa evoluzione avrebbe potuto portare anche ad altri ragionamenti, anche più estremi: è giusto dare un valore monetario alle nostre azioni? Siamo sicuri di voler vivere in un mondo fondato sul lavoro? E cos’è il lavoro, precisamente? Non è che sarebbe ora di riflette sul concetto di mestiere?

Eh.

Tutte domande che avrebbero potuto rivoluzionare il presente. Ma no. Il dibattito si è trasformato in un urlo animalesco della donna che esigeva il diritto di essere un uomo.

A costo di affrontare la lapidazione mi trovo costretta a ribadire ciò che dovrebbe essere ovviol’uomo e la donna non sono uguali.
Non biologicamente, non nei ragionamenti. Ma, anzi, mi allargo. Ogni uomo non è uguale ad un altro uomo ed ogni donna non è uguale ad ogni altra donna. Il femminismo – per me, per l’idea che ne ho – avrebbe dovuto concentrarsi sulla diversità dei generi per poi focalizzarsi sulla diversità dell’individuo. Eliminando così proprio quei ruoli (moglie, madre, marito, lavoratore, padre) che ci avrebbero permesso di inventare uno spazio per ognuno di noi. Spazio che ognuno avrebbe dovuto imparare a modellare sui propri bisogni e desideri reali.

Ma è più facile creare stronzi che individui, ieri come oggi.

Una gif che ci ricorda uno dei massimi diritti ottenuti con la lotta femminista: poter assistere alle lapidazioni. Pensate, un tempo era vietato!!

Siccome lo spazio per l’assurdo non si esaurisce mai, c’è anche gente che pensa che la donna debba rifiutare qualsiasi azione che somigli vagamente ad un ruolo del passato. Quindi se le piace cucinare, deve piacerle cucinare in maniera quasi ironica, come se lei ed il fornello si incontrassero per caso. Ti piace essere mamma e non andare a lavorare? Ma vergognati, che abbiam fatto tanto per avere il diritto di andarci a rinchiudere in un ufficio per 12 ore al giorno e tu stai lì, a parlar di far la mamma.
Si DEVONO fare figli, ovvio! Perché – per una psicopatia sociale che non ho nemmeno la voglia di analizzareessere donna e partorire figli sono frasi composte della stessa materia. Però poi, mi raccomando, quei figli lì li accudisce qualcun altro. Paghiamo un’altra donna che viene qui e noi a correre libere e felici in un ufficio, perché noi siamo DETERMINATE! INDIPENDENTI! LAVORATRICI!!

E giù pernacchie.

Adesso basta, mettiamoci il grembiulino a fiori e cuciniamo che c’è un tempo per la politica ed un tempo per la pappa ed una vera signora ne conosce bene la differenza.

Oggi prepariamo una pasta con un sugo di lenticchie, ricetta abbastanza veloce e super facile.

La realtà è che avevo davvero fame.Go, go, go!

Per preparare una pasta con sugo di lenticchie, per due persone, hai bisogno di:

  • 180 grammi di pasta;
  • 150 grammi di lenticchie secche. Se non intendi avanzarle, abbassa la quantità a 130;
  • 300 grammi di passata di pomodoro;
  • 50 grammi di parmigiano;
  • prezzemolo, sale;
  • uno scalogno o mezza cipolla bianca;
  • 10 grammi d’olio + altri 20 da mettere sui piatti.

Sciacqua le lenticchie e mettile in una pentola. Coprile abbondantemente d’acqua ed accendi una fiamma media: appena l’acqua inizia a bollire abbassa la fiamma ottenendo un sobbollore, lascia semi coperto e fai cuocere per 20 minuti.

In questo tempo metti l’acqua della pasta a bollire.
Dopo 10 minuti di cottura di lenticchie puoi anche iniziare a preparare il sugo.

In una padella versa 10 grammi d’olio, falli scaldare e caccia dentro la cipolla.

Fai soffriggere per qualche minuto, finché la cipolla si sarà ammorbidita.
Versa la passata di pomodoro.

Aggiusta di sale e fai cuocere per 10 minuti, a fiamma bassa.

In questo tempo gratta il parmigiano e trita il prezzemolo.

Appena le lenticchie sono pronte scolale senza buttare la loro acqua di cottura e cacciale nel sugo. Mescola bene.

Copri col coperchio e lascia cuocere, sempre a fiamma bassa, fino a quando la pasta sarà pronta. Se il sugo dovesse restringersi troppo, bagna con l’acqua delle lenticchie. Assaggia, anche, e aggiungi il sale se occorre.

Scola la pasta e mescolala al sugo.

Prepara le porzioni e cospargi ogni piatto con un cucchiaio d’olio, del prezzemolo e del parmigiano.
Ecco cosa dovresti avere davanti a te:

Ciao e buon appetito!

2 pensieri su “Pasta con sugo di lenticchie (tra anarchia e femminismo)

  1. Per un attimo mi sono chiesta cos’avessi detto di importante sulle lenticchie… poi mi sono ricordata che straparlo di tutto, ultimamente 😀
    Mi devo ancora abituare a questo nuovo stile di blog.

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