Risotto burro ed acciughe

Mabbasta con questa disinformazione sulla tostatura del riso. BASTA!

Che siate maledetti.

Ogni volta che incontro un bel risotto nuovo, puntualmente ecco le boiate. La gente che manteca con l’olio è ormai un classico, ma nell’ultima settimana ho visto un video così tremendo, così eretico, così MACCOSA che mi ha tenuto incollata allo schermo per 15 minuti. QUINDICI MINUTI DI AGONIA.

Dentro ero così.

Quando il tipo ha iniziato a fare saltare il riso come fosse una spaghettata mi ha fatto venire un mezzo infarto (ma magari sono io che ancora non ho appreso certe tecniche da grande chef ed un giorno, chissà, farò pure io gli spadellamenti che oggi considero eretici), ma la cosa che mi ha fatto quasi spaccare il computer è stata proprio la tostatura.
Perché non è che questo semplicemente la sbagliava e basta, pace e bene.
No, questo la stava INSEGNANDO. Era uno CHEF a cui è scappato il TUTORIAL di mano.
Lui lì, a friggere il riso.
Io qui, BASITA.

BASITE.

Quindi, ve lo chiedo per favore, basta.
Perché questa settimana voi chef stellati siete riusciti a farmi sorgere il dubbio di non sapere preparare una gricia, ma mai potrete più convincermi che il riso si tosta bollendolo, friggendolo, facendolo saltare, abbrustolendolo o cazzo ne so.
Mai.
Non mi avrete MAI.

L’unica cosa che riuscite a fare con certe uscite è farmi venire l’emicrania a forza di capocciate.

Comunque parliamo del risotto nuovo: con burro ed acciughe. 
E basta, non ho niente da dire, quello che dobbiamo fare è mangiarcelo.

Go, go, go!

Per preparare un risotto burro ed acciughe, per due persone, hai bisogno di:

  • 200 grammi di riso carnaroli;
  • 50 grammi di burro, possibilmente fatto in casa. Trovi il procedimento qui;
  • prezzemolo;
  • 150 grammi di vino bianco;
  • peperoncino, secco o fresco (meglio secco, almeno si sa quanto menerà senza sorprese);
  • un litro e mezzo di brodo vegetale. Ora: questo risotto è naturalmente salato, perché le acciughe lo sai come sono. Quindi un dado solo, se usi il dado. Altrimenti vacci piano col sale.
  • la buccia di 2 limoni (uno a testa, meglio abbondare) da grattugiare sui piatti (facoltativo, ma ci sta);
  • 40 grammi di acciughe;
  • uno spicchio d’aglio.

NOTA: è molto buono mangiato pure freddo o tiepido. Ovviamente non sarà “all’onda” e francamente è meglio così. Durante il raffreddamento il riso si berrà tutto il liquido rimasto e sarà strabuono.

Vai a prendere un coltello che iniziamo.

Grazie. Sai che sono la tua più grande fan?

Mentre attendi che il brodo sia pronto, occupiamoci di tutti gli ingredienti.
Trita il prezzemolo col mixer.
Trita il peperoncino.
Apri la bottiglia di vino.
Prepara il burro, con il procedimento che trovi qui (altrimenti usa quello confezionato, ma secondo me fai malissimo).
Scola al meglio delle tue possibilità le acciughe e tagliale a pezzetti.

Se hai uno spremiaglio hai finito, altrimenti devi schiacciare un aglio per creare una crema. Puoi usare un coltello con una lama larga, oppure un mattarello, oppure puoi sedertici sopra. Vedi tu.

Appena il brodo è pronto, si comincia.

Tostiamo il riso.
Come? Semplice.
Metti il riso nella pentola, accendi una fiamma bassa e fai andare per tre minuti, girando di continuo.

Le accortezze sono le solite: non farlo bruciare o colorire. Sentirai l’odore del riso sprigionarsi e basta.

Versa poi il vino, alza leggermente la fiamma e lascia evaporare.

Aggiungi poi il brodo, nel modo che ormai dovresti conoscere a memoria. Poco per volta, ogni tanto mescola per assicurarti che non si attacchi niente sul fondo.

Il brodo deve sempre sobbollire, senza andare a cannone. Se va a cannone sei su una fiamma troppo alta: cambia fornello.
Dopo 5 minuti di cottura circa (alla seconda ondata di brodo, insomma), butta dentro le acciughe ed il peperoncino.

Mescola bene e prosegui la cottura.
Adesso dobbiamo mettere l’aglio, ma non subito. Attendiamo. Lo vogliamo far cuocere 3,4 minuti massimo, così non invaderà in maniera permanente tutto il risotto. 
Quindi quando inizi ad assaggiare il riso per capire se è pronto e giunto il momento di cacciarcelo dentro: spremuto con lo spremiaglio oppure schiacciato a mano, a crema.

Non ti resta che concludere la cottura del riso.
Ricordati di non lasciarlo troppo brodoso verso la fine ma manco secco: diciamo la consistenza che piace a te.
A fiamma spenta butta dentro il burro ed il prezzemolo.

Mescola energicamente, finché il burro si sarà sciolto benissimo.
Fai poi riposare per 3 minuti, senza coperchio.

Prepara i piatti e su ogni porzione aggiungi, se ti piace, della buccia di limone grattugiata al momento.
Ecco cosa dovresti avere davanti a te:

Ciao e buon appetito!

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Gli gnudi, sottospecie di gnocchi di ricotta brutti e buoni.

Hai presente quelle foto di cibo che solo guardandole ti vien fame pure se ti sei appena scofanato sei pizze e quattro parmigiane di melanzane?

per non parlare di quello che ti sei sbranato a colazione, il pasto più importante della giornata.

Quelle immagini di formaggi filanti, di fritture dorate, di creme dense, di carni al sangue e via dicendo?
Insomma, il caro, vecchio, ormai anche un po’ abusato food porn?
Ecco. DIMENTICATELO. Perché noi oggi creiamo la bruttezza.

La tua faccia durante la preparazione 

Ci saranno momenti in cui potrai anche essere assalita dalla demoralizzazione, perché tutto sembrerà distruggersi davanti ai tuoi occhi.
Ma tu non perdere la speranza, non spegnere i fornelli, non chiamare la pizzeria. Continua. Abbi fiducia nel tuo Kaiju: mangerai bene.

Non fare come lui.

Stiamo per imparare a fare gli gnudi. Sono dei parenti alla lontana degli gnocchi, solo che l’impasto non è di quelli che si lavorano con le mani, con cui creare le palline precisine. No: si butta l’impasto nell’acqua direttamente a cucchiainate, anche un po’ con scazzo, con l’aria da bulli.

Quindi accompagnate fuori quelle signore e quei signori suscettibili agli impiattamenti osceni e non studiati, potrebbero sentirsi male.

Mi raccomando, fatele uscire con gentilezza.

Go, go, go! 

Per preparare degli gnudi, per due persone, hai bisogno di:

  • 300 grammi di ricotta. Di bufala, di mucca, di canguro: quella che vuoi;
  • 300 grammi di spinaci;
  • 75 grammi di farina 00;
  • sale, pepe e noce moscata;
  • 1 uovo;
  • 20 grammi di parmigiano + 20 da mettere sui piatti;
  • 40 grammi di burro. Quando si usano quantità così grandi io ti consiglio sempre di farlo in casa. Trovi il procedimento qui;
  • qualche foglia di salvia.

Partiamo dalla ricotta. Non so che ricotta compri tu, ma di certo io non sto parlando di quelle nefandezze confezionate che con la ricotta nulla c’entrano se non per il nome riportato sulla scatola.
Compra la ricotta fresca. Che però un pochino dobbiamo maltrattare, perché dobbiamo levarle il liquido.
Non ci vuole molto: ti basta metterla dentro ad un colino, appoggiare il colino su una tazza e farla star lì per un paio d’ore, a temperatura ambiente. Dovrebbe bastare. Se proprio ti ritrovi ad accompagnarti con delle ricotte acquose, puoi anche pensare di lasciarla invecchiare 24 ore in frigo. Ma è quasi sicuramente eccessivo.

Un po’ di riscaldamento prima di fare sul serio.

Fatto questo, si va.

Lava benissimo gli spinaci e togli tutti i gambi. Si usano solo le foglie.

Tagliali poi in maniera molto grossolana (non ti sbattere, tanto spariranno).

Spinaci in padella antiaderente. Con fiamma bassa e coperchio non hai bisogno di aggiungere olio.

Metti un po’ di sale (così butteranno fuori la loro acqua) e fai cuocere a fiamma bassa bassa per una decina di minuti, girando ogni tanto, fino a quando saranno rammolliti.
Ecco cosa devi ottenere:

Mettili in una ciotola e falli leggermente raffreddare.
In questo tempo tira fuori tutti gli ingredienti e grattugia il parmigiano.
Puoi anche iniziare a mettere l’acqua a bollire, perché non ci vorrà molto tempo.

Gli spinaci si sono un po’ raffreddati? Non devono essere GELIDI, ma non caldi. Altrimenti cuoci l’uovo, per esempio. Quindi quando sono della temperatura giusta, proseguiamo.
Aggiungi 20 grammi di parmigiano e mescola bene.
Butta dentro anche la ricotta.

Mescola sempre tutto strabene, poi aggiungi l’uovo.

Di nuovo giù di cucchiaio, poi è la volta del sale (poca roba, c’è già il formaggio e gli spinaci sono salati), di una spolverata di pepe e di un po’ di noce moscata. Quanta? Quanta ti piace, dipende dal tuo palato.

Infine è la volta della farina. 75 grammi.
Adesso mescola per un po’ di tempo. Tipo 3 minuti. Non ti fermare quando la farina è inglobata: dobbiamo scatenare le forze del glutine e per farlo dobbiamo maltrattarlo un po’.  Quindi continua ad impastare, con un cucchiaio di legno, per tre minuti.
Otterrai un impasto non lavorabile con le mani, molto ma molto morbido.

Assaggia. Se ti sembra salato il giusto, ok. Se ti sembra sciapo, puoi decidere di aggiungere un po’ di parmigiano (per me era a posto così).

Ecco il mio impasto:

Siamo pronti per cuocerli, quindi prepariamo il condimento.
In un padellone (lo stesso in cui hai cotto gli spinaci va bene, non c’è bisogno di sporcare tutta la cucina) metti 50 grammi di burro. Appena si scioglie caccia dentro pure le foglie di salvia spezzettate. Poi spegni, riaccendi quando stai per scolare gli gnudi.

Ma come si lavora quel blob ricottoso? Molto semplice.
Procurati due cucchiaini.

Con un cucchiaino prelevi dell’impasto:

Se vuoi puoi sforzarti di provare a creare una forma, con l’altro cucchiaino.
Se ti pesa il culo come pesava a me, limitati a spingere l’impasto nell’acqua, usando l’altro cucchiaino:

Saranno bruttissimi ed un po’ si scioglieranno. Non fare bollire l’acqua in maniera super violenta, abbassa la fiamma.
Quello che è importante è che l’acqua abbia le bolle mentre versi l’impasto, perché altrimenti questo si scioglierebbe. C’è bisogno dello shock termico, insomma. Se mentre cacci dentro le palle vedi che l’acqua smette di bollire fermati, chiudi col coperchio, e fai riprendere la temperatura. Poi prosegui.

Comunque l’aspetto in pentola sarà devastante alla vista.
Non piangere quando vedrai questo:

La realtà sarà molto meno terribile di quel che sembra.
Gli gnudi verranno a galla e da quel momento falli cuocere ancora mezzo minuto. Poi tirali fuori con una schiumarola e mettili nella padella col burro (che devi riaccendere, con fiamma bassa).

Falli andare in padella per altri 30 secondi, poi prepara i piatti.

Su ogni porzione metti una spolverata di parmigiano e poi mangia.
Buoni, vero? Non te l’aspettavi, vero?
Manco io.
Ti faccio vedere la consistenza di uno gnocco:

Ciao e buon appetito!

Risotto cacio e pepe

Mi sembra di intuire che le cosa non sia chiarissima, quindi la scrivo e basta e chi vuole andare a fanculo (o mandarmici, anche) che vada. Stai pronto perché sto per lanciare la bomba atomica: a me le persone non piacciono.

Ma per niente proprio, anzi, mi scatenano la viulenza esagerata.

E no, non è una roba che prima o poi cambierà o che scaturisce da chissà quale delusione: è sempre stato così e – a questo punto posso affermarlo con sicurezza – sarà sempre così.
Da quando esisto non ho mai compreso come ci si potesse rapportare con un branco di imbecilli. Tutti a ripetere frasi a caso, tutti a coltivare nulla a parte pregiudizi e preconcetti, tutti privi di passatempi, curiosità, sinapsi attive.
I miei compagni delle elementari erano dei perfetti dementi e col tempo, per quanto posso vedere dalle loro profonde conversazioni su facebook e dintorni, sono solo cresciuti in altezza o in larghezza. Per il resto, stessa storia, stesso posto e stesso bar.

Inframezzo musicale.

Per tutta la vita sono state due le cose che mi hanno ripetuto, in maniera quasi ossessiva. Anzi, tre.
Che sono un genio o super intelligente o super minchia qualcosa.
Che mi sento Dio.
Sempre gli stessi lì sopra, una volta scoperto che il mio nome di battesimo è Alice, subito pronti a rispondere Alice, nel paese delle meraviglie? 
E giù tutti a ridere.

Robe da tenersi la pancia, proprio.

Per un po’ ci ho creduto pure io, alla roba del genio. Col passare del tempo, però, il mio punto di vista è cambiato radicalmente: non sono io ad essere intelligente, sono loro a non usare un neurone manco per sbaglio.
Così l’ego si è ridimensionato e pure tanto. Non credo di essere migliore di nessuno, soltanto so di essere una persona mediocre che però cerca di utilizzare la materia cerebrale al meglio delle possibilità. Per quel che vale.

No, giuro, ci provo fortissimo.

Ho smesso anche di domandarmi il motivo dell’inutilità altrui. Ebbene sì, lo penso: gli altri sono inutili.
Ormai non mi interessa più.
Sono semplicemente rassegnata a dovermi rapportare con loro, sperando di doverlo fare il meno possibile.

Quando nella rete (perché nella realtà è sempre meno plausibile, dato che vivo isolata in piena campagna) incontro qualche individuo che mi pare meritevole, la mia massima interazione è guardarlo da lontano. Seguo quello che fa, se occorre lascio un commento di approvazione. Ma per il resto, silenzio. Non so dire se la ragione sia una certa stanchezza generica nei rapporti umani (a.k.a. non mi interessano più) o se sia perché non credo di poter regalare niente. Si tratta di una persona intelligente, quindi avrà senz’altro miliardi di input da seguire. Non c’è bisogno di me.

Però la domanda sorge spontanea: perché usare così tanto i social se detesti la gggggente? Perché condividere così tanto delle mie giornate su Instagram (e prima su Facebook e da sempre un po’ ovunque) se poi quasi ogni interazione mi fa girare il cazzo?

Interazioni che di solito sono contraddistinte da domande coglione su robe EVIDENTI.

Voglio dire: c’era bisogno di chiedere?

Risposta: per la pappa.
C’era un tempo in cui scrivevo i fatti miei, inventavo storie o sentivo la necessità di condividere i miei pensieri su temi politico-sociali. Adesso fottesega e non ne ho mezza di leggere gli stimolantissimi commenti che le teste di merda sentono il bisogno di lasciare. Non sono un divulgatore, non c’è motivo di parlare di temi interessanti solo per evidenziare il proprio punto di vista. A volte, nei video, parlo giusto di alimentazione. Ma perché sempre di pappa di tratta.

Una cosa so fare. Mangiare.

Autoritratto.

Pensavo anche di saper cucinare, ma quello in effetti lo sto imparando solo da quando ho aperto il blog.
Mi piacerebbe che altri potessero smettere di mangiare merda seguendo le mie ricette, scritte pensando ad un bambino di dieci anni che per la prima volta vuole provare a preparare un piatto di pasta. Senza averlo mai visto fare. Tipo che non sa manco mettere l’acqua a bollire.

Quindi accetto un po’ di socialità per pubblicizzare questo mio spazio, in cui fottesega della tradizione o delle regole culinarie di alto livello. Qui si mangia, al meglio delle nostre possibilità, imparando ad ogni post.

Basta mangiare cose a caso.

Tutto questo per sfogarmi, perché ricevere commenti, direct e via dicendo mi stressa molto e risponderei Vaffanculo a tutti. Probabilmente anche a te.
Tuttavia è a te che voglio consegnare l’ennesima ricetta di oggi e mi rendo conto che c’è una certa dicotomia tra intenzione e carattere personale.
Ma è così ed era ora di scriverlo in maniera non fraintendibile.

E di tutto il resto, pure.

Passiamo al risotto di oggi. Perché, cristodioelamadonna, da quando ho cambiato la cucina – ed ormai sono passati almeno due mesi – non sono più riuscita a cucinarne uno decente. Anzi, ti dirò di più: per circa 2 settimane ho sempre mangiato pasta scotta, perché regolarsi con i nuovi fuochi non è stato facile.
Ieri, finalmente, sono riuscita a creare un risotto cacio e pepe non solo mangiabile, ma proprio MONDIALE.
Quindi scatta subito la ricetta.
Go, go, go!

Tutti ai posti di combattimento!

Per preparare un risotto cacio e pepe, per due persone, hai bisogno di:

  • 200 grammi di riso carnaroli;
  • 100 grammi di pecorino romano;
  • 10 grammi di pepe nero in grani + una spolverata ulteriore da mettere sui piatti;
  • un litro e mezzo di brodo vegetale. Se usi il dado (e non vedo perché no), 3 dadi per un litro e mezzo d’acqua;
  • 25 grammi di burro.

È un risotto proprio base, quindi ripasseremo le regole da capo, quasi si trattasse di un tutorial (nonostante non ci sia presenza di cipolla né di vino).

Comincia preparando il brodo vegetale e grattando a polvere 100 grammi di pecorino romano.
Metti poi i 10 grammi di pepe nero in un mixerino (se possiedi un trita spezie, anche meglio) per tritarlo in maniera molto grossolana.

Se hai giocato a Lupo Solitario dal primo volume e possiedi sia la Spada del Sole che Mortaio e Pestello (a patto che tu sia specializzato in Alchimia) l’operazione ti verrà più semplice: con Mortaio e Pestello otterrai un risultato senz’altro migliore.
Comunque, ecco cosa devi raggiungere:

Il brodo è pronto? Ottimo.
Tienilo in caldo (deve sempre bollire), spostandolo nella fiamma più piccola che hai. Chiuso col coperchio, altrimenti evapora. 

Iniziamo a tostare il riso.
La tostatura, per essere reale e non un termine usato a cazzo, deve essere fatta senza grassi. Senza burro e – soprattutto – senza olio. Quando tosti il pane mica li usi, no? Quindi manco per il riso.

Metti la pentola in una fiamma che non vada a cannone: non è un’operazione violenta. Fiamma bassa, fornello non potentissimo.
Dopo circa un minuto la pentola dovrebbe essere sufficientemente calda, quindi versa dentro riso e pepe.

Fai andare il tutto per tre minuti, girando di continuo e sempre a fiamma più bassa possibile. Sentirai soprattutto gli odori cambiare: sia quello del pepe che quello del riso. È possibile che il riso si scurisca leggermente, ma attenzione a non farlo bruciare.
Esauriti i tre minuti, ricopri il riso col brodo e partiamo con la preparazione del risotto vero e proprio.

Inizia coprendolo in maniera abbondante (brodo che superi di un dito il riso) ed ogni tanto gira. Mano a mano che il brodo verrà assorbito, aggiungine altro, con mestolate sempre più piccole con l’avanzare della cottura.
Il brodo deve sempre bollire, ma non in maniera superviolenta.

I tempi indicati sulla confezione del riso, di solito, sono sbagliati e chi dice il contrario è un millantatore. L’unico modo per sapere se il risotto è pronto è quello dell’esperienza: assaggia ogni tanto. Il riso non deve essere al dente e non basta che sia morbido. Lo vedrai gonfiarsi e cambiare forma ed anche al primo rigonfiamento non sarà ancora arrivato: dovrai lasciargli il tempo di rilasciare l’amido che servirà a formare la cremosità.

Il riso che compro io (il Curtiriso) dichiara 15 minuti di cottura, ma quasi sempre io raggiungo quasi il doppio.

A fine cottura il risotto non dovrà essere super secco, poiché un po’ di brodo serve anche a fiamma spenta. Però, francamente, la consistenza va a gusto (e fanculo all’onda). A me piace un risotto più compatto, meno brodoso.

Ecco come compare alla fine:

Spegni la fiamma.
Caccia dentro 25 grammi di burro e tutto il pecorino.

Gira con un cucchiaio di legno in maniera energica. Burro e formaggio devono completamente sciogliersi.
Lascia poi riposare il riso per almeno tre minuti. Io non metto mai il coperchio durante questa fase, così il vapore se ne va a fanculo, formando un riso più compatto.

A questo punto prepara le porzioni e su ogni piatto spolvera con del pepe nero macinato al momento: non serve per pepare, ha proprio un altro gusto rispetto a quello che ha bollito nel riso.
Ecco cosa dovresti avere davanti:

Ciao e buon appetito!