Mozzarella (o burrata o ricotta) con pomodorini e acciughe.

Tagliavo la legna e Ninì era sulla panchina, con un bibitone in mano.
Passeggiavo e raccoglievo insetti e Ninì mi guardava dalla sua panchina, SERISSIMA.
Andavo a pescare, tornavo per vendere il pesce a Marco o a Mirco (li confondo ancora) e Ninì era sempre lì, sorseggiando il suo bibitone eterno.
Ad un certo punto prendo un aereo, raccolgo frutta e licheni nell’isola vicina, torno e Ninì stava ancora lì.

A quel punto sono andata a casa, ho costruito con dei pezzi d’argilla un’ocarina e sono andata da lei. Ho suonato una roba (un po’ male, lo ammetto) e Ninì impassibile. Ho cercato di parlarle e mi ha risposto una roba tipo Quest’isola è troppo piccola per tutti e due. Così mi sono seduta con lei su quella panchina ed ho immortalato il momento. Dovevo avere una foto con la scimmia più misantropa che abbia mai conosciuto (nonché l’unica scimmia che conosca, ora che ci penso).
Ninì sempre serissima, scocciata e (lì me ne sono accorta) senza manco le mutande.

In un giorno solo sulla Kaiju Land ho già comprato casa e creato un museo. Devo a Tom Nook quasi 80 mila stelline (la valuta locale) ma con il mazzo che mi faccio conto di saldare tutto entro una settimana. Voglio già una casa nuova, voglio la sala giochi, voglio la palestra, voglio, voglio, voglio l’erba voglio.
Per ora posseggo solo un flipper ed una nintendo switch, ma spero che i (malvagi?) programmatori abbiano pensato anche a cose meravigliose come il calciobalilla.

Insomma, la mia vita ad Animal Crossing è iniziata ed è una vera droga. Il paradiso per noi collezionisti compulsivi, quelli che erano riusciti a racimolare TUTTI i Cluster in saints row, tutte le piume di Petruccio e soprattutto TUTTI (e dico TUTTI) i segreti, gli oggetti E i finali di The Binding of Isaac.
Mini sfida dopo mini sfida, miglia dopo miglia, accendo la Nintendo, la spengo quello che mi sembra un’ora dopo ed invece la giornata (quella della vita vera, quella dove le scimmie parlanti non sono per un cazzo puccettose) è già finita.
Finalmente un videogioco.
Dopo tanto. Dopo troppo.

YEEEE!

Ma tu sei qui per il cibo.
Peccato che oggi la ricetta sia una non ricetta. Una roba simile a quando scrissi l’ode al Melone coi capperi o quella alle fave con il pecorino.
In tanti anni non ho mai scritto un pezzo sul trittico che più trittico non si può: formaggio fresco, pomodorini ed acciughe. 
Rimedio in questo 19 di aprile.

Go, go, go!

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Un giorno avrò questa palestra.

Per preparare il trittico che più trittico non si può, per due persone, hai bisogno di:

  • 500 grammi di mozzarella di bufala, di burrata o di ricotta;
  • 800 grammi di pomodorini;
  • un barattolino di acciughe sott’olio da circa 80 grammi (ma anche di più, se vuoi).

Partiamo da due cose ovvie: mozzarella e burrata non si mettono in frigo e sì, acciughe e formaggi stanno benissimo insieme.
La ricotta può stare in frigo, non si rovina, ma ovviamente mangiata a temperatura ambiente dà il suo meglio.

Apri mozzarella (o burrata) almeno 30 minuti prima del tuo pasto: formaggio e liquido di go go go governo in una ciotola.

In questo modo il formaggio respira e diventa ancor più buono.
Nel frattempo lava i pomodori e tagliali a pezzi o a metà (se sono piccoli).

Ti consiglio di non condire i pomodorini: se sono buoni non ne hanno bisogno e comunque li mangeremo accompagnati dalle acciughe, che hanno sia olio che sale.
Ma libera di fare come ti pare, sempre.

E non è che ci sia altro da fare, puoi assemblare il piatto.
Formaggio al centro, un po’ di acciughe sgocciolate senza troppo sbatti e i vari pomodori.

Non ci sono ulteriori segreti, puoi mangiare.

Ciao e buon appetito!

Pomodori ripieni di riso

Tutti nutrizionisti, tutti Azzurri di Sci, tutti con una dieta sana ed equilibrata e tutti personal trainer.
Tutti grandi acquirenti di barrette proteiche pure quando lo sport più praticato è quello del pesaculismo sul divano, perché si sa: le proteine fanno aumentare la massa magra. Fa niente se non riesci manco a salire una rampa di scale senza che le ginocchia ti cedano ed il fiato ti si spezzi (e quelli che ti vedono stan già lì col telefono in mano per chiamare un’ambulanza, che l’infarto più che una possibilità pare una certezza).

Tutti che sanno più di te del tuo corpo pure se – o, oserei dire, soprattutto se – manco sanno come ti chiami.

Tanto io li immagino tutti così.

Ti alleni troppo è il nuovo erede dei secolari Pensi troppo, Che problemi ti fai, Non bevi abbastanza, Il riposo è più importante dell’allenamento, Lo zucchero fa male, Il lavoro nobilita, quando c’era lui i treni passavano in orario. 

Più non fanno un cazzo e più sono coach.
Più vanno in palestra 40 minuti a settimana (per la prova costume, sia chiaro) e più sono nati atleti.

Magari si potesse risolvere tutto così.

Poi ti confronti con quelli che si allenano sul serio e vorrebbero fare di più. Quelli che non hanno un preparatore fisico, quelli che non li contano i macro ma che mangiano e basta, quelli che gli racconti qual è la tua routine quotidiana e si complimentano con te o si stupiscono ma mai, mai, si sognerebbero di dire che non va bene.
Perché chi l’ha deciso che non va bene? Gli stessi che saltano la corda come se dovessero prepararsi ad un round pugilistico e quindi vai con le solite cagate da 3 minuti HIT e poi riposo?

Ma li avete mai fatti 10 minuti di sacco di seguito, nella vostra vita?
Sapete che vuol dire arrivare ai 30 minuti ed essere così stremati che ormai non si riesce manco più ad alzare un braccio? Che più che cazzotti ormai date carezze, talmente non c’è più forza nel corpo?
Ah, ma quello è un allenamento a bassa intensità. Perché così c’è scritto su wikipedia.

Tapparsi la bocca per non bestemmiare.

Il giorno di riposo è poi un grande bluff. Io ho bisogno di più cibo, al massimo, non di stare col culo davanti alla tv per una giornata per ripigliarmi. Il mio corpo sta di merda quando si riposa e ne esce stressato più che mai.
Li inserivo, un tempo, i giorni di riposo.
Li ho tolti dopo che, per la decima volta di seguito, mi sono trasformata in Hulk.

Anche questo è un ottimo modo per risolvere ogni situazione.

Nella mia vita ho sempre fatto tutto TROPPO. Leggi troppo. Cammini troppo. Ridi troppo. Sei sempre troppo arrabbiata. Guardi troppi film.
A seconda del momento storico e della moda imperante, tutto quello che facevo era TROPPO.

Ed io dico che l’unica cosa che è di troppo è il non farsi mai abbastanza i fatti propri. È andare in giro a parlare di sport quando già trascinarsi fino al cesso è una fatica esagerata. Un po’ come quelli che fingono di essere dei fini mangiatori quando si ingozzano al fast food: dai, su, è ovvio che non abbiamo nulla da dirci.

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Le classici frasi fatte che ti rivolgeranno nella vita.

Sì, dico le stesse cose.
E grazie al cazzo, ogni giorno mi tocca sentirle, ‘ste cagate. Da qualche parte mi dovrò pur sfogare, no?

Ma ora facciamo questa ricetta che ho rubato a Luca Pappagallo. Ti consiglio di preparare questi pomodori la mattina per la sera, perché mangiarli da freddi – soprattutto in questo momento  di caldo torrido – è la scelta più saggia.

Go, go, go!

Di corsa in cucina!

Per preparare dei pomodori ripieni di riso, per due persone, hai bisogno di:

  • 8 pomodori grossi. Veramente 8, non c’è bisogno di pesarli. Devono solo essere abbastanza grandi da essere scavati;
  • il succo di un limone. Poi ti faccio vedere la grandezza di quello che ho usato io;
  • 60 grammi d’olio. Sono tanti, in realtà quelli che useremo nelle patate rimarranno nell’acqua;
  • 60 grammi di concentrato di pomodoro. Non lo uso mai, ma temevo che la passata di pomodoro fosse troppo acquosa;
  • una cipolla rossa o una cipolla di tropea;
  • parecchie foglie di menta;
  • 5 grammi di aneto;
  • 5 grammi di paprika dolce;
  • pepe nero, sale;
  • un po’ di peperoncino in polvere;
  • 250 grammi di riso originario;
  • origano;
  • 300 grammi di patate. So che sembrano poche, ma poi ti spiego.

Come ti dicevo, il mio consiglio è di prepararlo la mattina per la sera. Sappi che, qualsiasi sia la tua decisione, comunque ci vorranno un paio d’ore di preparazione. 

Innanzitutto ti presento il pomodoro.

Lo step numero uno consiste nella decapitazione.

Davanti a te ora hai questo pomodoro mozzato:

Dobbiamo togliere tutto il ripieno (che non devi assolutamente buttare, ci serve) e per farlo bisogna scavare il pomodoro con un cucchiaino.

Non usare eccessiva violenta, perché il pomodoro non deve rompersi. Se senti troppa resistenza, incidi la polpa con un coltello e poi scava.
Scava bene bene, fino in fondo ed in ogni centimetro di pomodoro.

Ripeti l’operazione per tutti i pomodori.
Ecco cosa dovresti avere davanti:

Nella ciotola dovresti avere tutto il succo:

Innanzitutto tritalo col mixer ad immersione.

Poi partiamo col condimento.
Metti un po’ di pepe nero, 5 grammi di paprika dolce, un po’ di peperoncino in polvere e 30 grammi di concentrato di pomodoro.
Mescola bene, fino a quando il concentrato sarà bello sciolto.

Trita ora la cipolla con un mixer, poi aggiungi pure lei nella ciotola.

Tagliuzza con le mani la menta ed aggiungi pure lei. Caccia dentro anche 5 grammi di aneto.

Spremi il succo di un limone e poi aggiungilo.
Ecco il mio, così più o meno ti regoli:

Aggiungi un po’ di sale e 30 grammi d’olio.
Mescola bene.

Infine unisci i 250 grammi di riso. Crudo, ovviamente.

Ora dobbiamo lasciare riposare il riso per almeno 45 minuti, quindi occupiamoci delle patate.
Purtroppo le patate non saranno molte e dico purtroppo perché quando le mangerai (soprattutto se le condisci con della paprika, cosa che ti consiglio) saranno così mondiali che ve le litigherete.
Però lo sai che le patate impiegano tanto tempo a prepararsi, quindi se aumenti la dose il rischio è di non riuscire ad averle pronte in contemporanea ai pomodori.

Tagliale a rondelle non troppo spesse ma manco finissime:

Sciogli 30 grammi di concentrato di pomodoro in acqua. Quanta acqua? Quella che servirà per coprire le patate.

Sposta patate ed acqua in una ciotola e condisci il tutto con sale, altri 30 grammi d’olio ed abbondante origano.

Abbiamo quasi finito le preparazioni.
Metti poco olio nella teglia in cui stai per poggiare i pomodori (5 grammi bastano ed avanzano) ed ungila in ogni sua parte.
Adagia poi i pomodori sopra e cospargi ogni pomodoro con un po’ di zucchero. Non tanto, tipo come se mettessi il sale fino.

Ora ci tocca aspettare fino a quando il riso avrà assorbito il liquido del pomodoro e ci vorrà circa 45 minuti-un’ora.

Siamo pronti, quindi accendi il forno a 200 gradi, modalità statica.
Riempi ogni pomodoro col riso. Se avanza non ti preoccupare: cacciane tra un pomodoro e l’altro, sarà buonissimo lo stesso.

Posiziona ora le patate nella teglia. Un po’ sopra, un po’ tra un pomodoro e l’altro. non li devi foderare, sono solo 4 patate sparse.

Portati dietro pure una cucchiaiata del liquido delle patate e bagna la superficie di tutto quanto. Una cucchiaiata abbondante, ma non esagerare che poi annacqui tutto. Tipo così:

Ora si va in forno.
200 gradi per un’ora, più o meno. Ma controlla, che non si sa mai.
Ecco cosa uscirà:

Ora lasciali raffreddare un po’, poi prepara le porzioni.
Ecco un incontro ravvicinato:

Ed ecco quasi tutta la porzione. Dico quasi, perché 4 nel piatto non ci stavano:

Ciao e buon appetito!

Strapatsada: uova, feta e pomodoro. Piatto greco!

Uova, pomodori, feta. Praticamente i cibi che preferisco nella vita.

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Quando ho trovato la ricetta ero tipo così, bretelle comprese.

Ancora una volta una ricetta rubata ad Apriti Sesamo, ancora una volta pochissimo lavoro per una cena a dir poco mondiale.

Ogni volta che capito davanti a questi piatti che non sono contadini, ma di più, io proprio sbavo senza ritegno. È ormai noto che adoro la cucina povera, che non tollero le arie da MasterChef e che non c’è niente di meglio che sbafarsi un paio di uova al tegamino, magari con del pane casereccio, in giardino. Bestemmiando per i troppi gatti che cercano di rubarti il cibo e con le vespe che rompono i maroni, ma sono i rischi del vivere in campagna. L’importante è il sano ottimismo rustico.

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Chi becca la citazione ha tutta la mia stima.

Apriti Sesamo svela anche tutti i segreti per ottenere un connubio di sapori perfetto ed io ho seguito quasi tutti i consigli. Quasi perché un olio veramente buono – nonostante viva in terra di ulivi – ancora non l’ho trovato.
Però i pomodori spettacolari ce li avevo e le uova freschissime le ho trovate. O almeno così mi ha assicurato Don Alfonso.

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Eh, può essere pure.

Quindi ti presento le uova paesane, quelle ricoperte di merda.

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Ho detto chiaramente a Don Alfonso, il mio fruttivendolo: se non c’è la cacca, non le voglio.

Non ho intenzione di cambiare il nome alla ricetta, come ho fatto con il Buyurdì. Un po’ perché questi nomi greci sono facili da imparare ed essere meno ignoranti non ci fa male, un po’ perché questa mattina non mi viene in mente proprio niente.
Quindi che Strapatsàda sia: go, go, go! 

Per cucinare la strapatsàda, per due persone, hai bisogno di:

  • 50 grammi di olio extravergine di oliva. Non scrivo mai che uso l’extravergine, perché per me è scontato. Io friggo anche con questo, cosa che ti consiglio caldamente;
  • 4 pomodori belli rossi e maturi;
  • 2 peperoni friggitelli;
  • 6 uova freschissime;
  • un po’ di pepe nero, poche foglie di menta;
  • 200 grammi di feta;
  • un po’ di pane da accompagnamento.

Partiamo dalla padella. Usa una antiaderente e non quella di alluminio. Ci ho provato, viene peggio.

Ecco intanto gli ingredienti. Come hai notato non ho pesato né pomodori né friggitelli, ma puoi regolarti tranquillamente dall’immagine:

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Decapita i friggitelli, togli loro i semi e tagliali a pezzetti.
Riduci a pezzi anche i pomodori.

Scalda i 50 grammi di olio in una padella e poi cacciaci dentro i friggitelli.

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Usa una fiamma medio-alta e falli saltare per due o tre minuti, girando spesso per non farli annerire.

Aggiungi poi i pomodori.

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Fai andare a fiamma media, gira ogni tanto e spacca i pomodori con un cucchiaio di legno. Nel frattempo occupati del resto degli ingredienti. I pomodori avranno bisogno di 10, 15 minuti al massimo.

Sciacqua la feta sotto acqua corrente (fredda).

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Rompi le uova in un bicchiere e poi travasale in una ciotola capiente. Doppio passaggio, come sempre, per evitare di far finire gusci d’uovo nella cena, nel caso la nostra forza possente ci faccia sbagliare a spaccare le uova.

Sbriciola dentro alla stessa ciotola la feta, grossolanamente, con le mani.

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Lo so, viene sempre un po’ male a spaccare uova e feta, che sono un miracolo che solo a guardarle ci si commuove. Ma è per un bene superiore.

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Bravo, diglielo.

Mescola un po’ gli elementi, giusto per farli amalgamare e per fare spaccare le uova. Usa una forchetta, non azzardarti a tirare fuori le fruste elettriche. Bastano pochi secondi.

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Intanto i pomodori dovrebbero essere quasi pronti.
Non devono essere asciuttissimi, ma devono essere ad un passo dal formare il sugo.
Ecco qui una foto fumosa che forse ti riuscirà ad illustrare meglio di mille parole:

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Versa il composto di uova:

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Mescola bene e fai andare il tutto a fiamma alta, per un minuto o due. 
L’uovo deve cuocersi ed il formaggio sciogliersi.

Ecco come deve apparire alla fine:

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Direttamente sui piatti spolvera con pepe nero e decora con qualche foglia di menta. Menta che dovrebbe essere decorativa, ma che ci sta da dio. 

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Mentre mangiavo, ecco l’unica esclamazione possibile.

Davanti a te dovresti avere questa bellezza:

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Ho fame.

Buono, spettacolare, da sbavo, mondiale, bestiale, squisito, gnamme.
Ne avrei mangiato un altro piatto e ne mangerei uno pure adesso, alle otto del mattino, per colazione. Proprio come fanno in Grecia.
Attenzione: la strapatsàda può dare dipendenza e rendere aggressivi.

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Reazioni normali, quando si sta divorando la strapatsàda.

Ciao e buon appetito!