Penne con crema di peperoni

C’è un certo rilassamento nel pensiero che sì, è vero, eravamo deficienti, ma per quanto fosse anche colpa  nostra (perché la responsabilità è duplice) in fin dei conti quello che stava accadendo era una truffa su larga scala. Ci stavano fregando: i soldi, la gioia, la serenità mentale. Ci spacciavano benessere di finzione in cambio di una soddisfazione materiale estemporanea: una macchina nuova, il frullatore, le scarpe, la lavatrice.

#gameboy from Rewind the 80's-90's

Il nuovo GameBoy

Però era la tv a vendercele, sforzandosi tantissimo di convincerci delle robe che oggi sono trite e ritrite: con questo dopobarba scoperai di più, con questa farina sfornerai delle torte che manco Nonna Papera, con questo giocattolo i tuoi compagni di classe non ti infileranno più la testa nel cesso.

E noi ad accumulare oggetti. È un noi impersonale, è un noi che racchiude mio padre, mia madre, un noi che parte da quella generazione di quasi trentenni che negli anni ottanta ha scoperto la ricchezza spicciola. Si facevano le vasche nei centri commerciali spendendo tutto lo spendibile e quando si tornava a casa con il pollo arrosto industriale, le patatine fritte industriali, le focaccelle industriali, il Gesù Cristo Industriale ci si sentiva arrivati, appagati, falsamente felici. Portafoglio vuoto, anima vuota, salotto e frigorifero pieno.

#dawn of the dead from That's some bad hat Harry

A camminare tutti cos’.

Stamattina YouTube ha deciso che siccome è un periodo da Sunset Boulevard, dovevo per forza ricordarmi di Berardi. Che poi non l’ho mica dimenticato: non c’è settimana in cui quel cazzo di monologo dello Tsunami mi attanagli. Dopo tanti anni quel monologo di pochi minuti mi apre voragini, mi crea scompensi, mi spinge a muovermi senza conoscere una direzione. Ad ogni ascolto mi sembra di avere colto l’essenziale. Poi però continuo a trottolare, a sbattere i mignoli sugli spigoli, continuo ad esistere in una realtà troppo stretta per riuscire a farmi uscire il proverbiale barbarico YAWP che tutti noi dovremmo urlare prima che la fine ci raggiunga.
Quindi non l’ho capito, quel monologo. Continuo a non capirlo. Tanti anni e non capisco ancora un cazzo.

Sì, sono un genio.

Risentendo un paio d’ore di pensieri sparsi di Bifo, subito mi riconosco in un plagio eclatante. Non parlo come Bifo, non penso come Bifo, non mi atteggio come Bifo. Eppure è EVIDENTE in me la volontà involontaria di emulazione. Indubbio che abbia plasmato molto del mio modo di vedere il mondo, di annusarlo, del mio modo di ricondurre tutto – dal movimento terrestre impercettibile ai nostri sensi al mio uso selvaggio di parentesi ed incisi – alla soggettività più soggettiva. Tutto è viaggio atteso, tutto è Godot. Tutto è una narrazione epica, un’Odissea del niente dove il semplice inforcare la bicicletta per andare al supermercato muta in iperbole spesso anche un po’ forzata.

#marveledit from gorgeous, yet functional

Lo so, ti capisco, è un post un po’ impegnativo e faticoso.

Le more del gelso sono il mio loto, le spiagge invernali (apocalittiche ed inospitali) sono terra di Lestrigoni ed io un Ulisse che raccatta persino l’epica altrui, incapace di costruirne una propria. Quello Tsunami minaccia, sempre. Ed io non so che cazzo farmene, di questa consapevolezza.

A volte penso di essere affetta da una strana forma di alessitimia (sì, sto citando Bifo) che pervade tutto il mio vivere quotidiano. La vita scorre, io me ne accorgo, ma pare non esserci una vera presa di coscienza, un vero raccogliere le forze per un’azione propositiva qualsiasi. Ho superato pure l’apatia, è come se tutto accadesse a qualcun altro.

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Incapace di prendere decisioni semplici e intanto il tempo scorre.

E mi stupisco ad ascoltare, ora come allora, totalmente assorbita le parole di Bifo su (quasi) ogni argomento. Ritrovo le origini di molte mie idee, di molta mia poetica, di molta mia insoddisfazione. Berardi è quello che mi ha rivelato il mondo per quel che è: molto meno orrendo di come lo percepissi in partenza, più pieno di possibilità da evocare ma altrettanto colmo di ostacoli che renda  quelle possibilità concretizzabili.
Il cambiamento è il motore del pensiero di base. Cambiamento del singolo, certo, ma per forza pure collettivo.

Così in questo video qui si mette a parlare della potenza del desiderio come forma distruttiva. Un video del 2010, un’epoca con ancora i social network agli albori, in cui ancora non (mi-ti) ci (si) drogavamo di condivisione selvaggia.
Non sto facendo la morale: tu sai il numero delle volte in cui vado al cesso, sono colpevole quanto te di questo comunicare tutto a tutti, con filtri più o meno evidenti. Ed è ai filtri che volevo arrivare: poiché tutti, oggi, vendiamo tappeti.

#one punch man from Animation is beautiful

Sì, di nuovo questa analogia.

Ti trascrivo parte del monologo di Berardi:

“Il desiderio non è soltanto una forza liberatoria, il desiderio può essere anche una trappola. Il desiderio è un campo, non una forza. Ed è un campo sul quale si scontrano tensioni, pulsioni, modi di essere fra loro molto differenti.

Il desiderio invece di essere espressione di una soggettività che si afferma, che si espande, che si rende più solidale, più forte, diventa un flusso che penetra all’interno del campo sociale che lo inquina, che lo trasforma nel contrario del desiderio medesimo. E si trasforma per l’appunto in desiderio di morte.

La pubblicità ci induce a diventare gli assassini di noi stessi, ci induce a diventare trappole per noi stessi perché in realtà la ricchezza non è affatto avere, la ricchezza non ha nulla a che fare con l’avere. LA RICCHEZZA È LA CAPACITÀ DI ESSERE NEL TEMPO.
Ricchezza non è accumulare in un frigorifero che tanto non potremo mai aprire, una massa sterminata di formaggi che non potremo mai mangiare.

#filmedit from FOR IN THAT SLEEP OF DEATH WHAT DREAMS MAY COME 💫

La ricchezza per noi è una bella grigliata al tramonto.

Mi fermo su questo paragone mangereccio, che siam pur sempre in un blog di cucina, se non ti parlo di ciccia poi tu mica mi ascolti più.

E come dicevo all’inizio, c’è un certo rilassamento nel pensiero che sì, è vero, eravamo deficienti, ma per quanto fosse anche colpa  nostra (perché la responsabilità è duplice) in fin dei conti quello che stava accadendo era una truffa su larga scala.
Adesso non è più così. Adesso ci passiamo l’uno con gli altri e nemmeno tanto sottobanco quanto sia speciale la nostra normalità. Le storie e i post di Instagram sono l’apoteosi di un’ostentazione di una realtà edulcorata: una vetrina di momenti non momenti e quei momenti sono anche un monumento del vacuo. Perché fa sempre riflettere l’esigenza di impegnare tante energie solo per apparire ad un altro che non è nemmeno l’Altro: non è il soggetto dei nostri desideri e pulsioni, è piuttosto un utente senza faccia-corpo-essenza su cui vogliamo lo stesso fare colpo. La sua invidia, pure silente, è la nostra soddisfazione.

#mortal kombat from 希望

Ho quasi finito, stai calmo.

Ciò che differenzia questo venderci tappeti dalla truffa di cui sopra non è solo l’origine, non è solo l’imitazione di una pubblicità che – arrivando da noi – sembra più vera e tangibile. No, ciò che differenzia l’ieri dall’oggi è che persino quelli come me – quelli che la tv non l’han mai guardata, che piuttosto di avere un capo firmato sarebbero usciti in mutande – persino quelli come me, dicevo, ci son cascati.
Magari in una versione trasfigurata e distorta, ma ci son cascati lo stesso.
Prendi me, l’esempio che conosco meglio. Il mio mostrare appositamente una cucina lercia (a volte sporcandola di più prima di accendere la fotocamera), di mostrare i lati più grezzi della mia persona (un rutto, una muffa, una bestemmia), questo mio girare video fatti male tagliando parole a metà e spesso con immagini volutamente antiestetiche e storte… non è forse una risposta a 30 anni di spot pubblicitari e trasmissioni tv?

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Sì, hai capito bene, a volte sporco la cucina apposta.

Ho uno standard da cui voglio allontanarmi, da cui voglio distanziarmi, su cui voglio sputare sopra. Ma pur sempre da uno standard parto.
Mi domando se riuscirò mai a esprimere per davvero la mia soggettività, se capirò chi sono, cosa voglio, dove sto andando e perché.
Oltre a essere CONTRO, a ribellarmi ai modelli costituiti.
Sì, non sono una casalinga con le unghie laccate, che alza le bottigline d’acqua perché si allena a casa gridando ANDRA’ TUTTO BENE, che cucina per il maritino che si lecca i baffi e che non distingue Garibaldi da Giuseppe Verdi o da Marco Polo.

Ma che me ne faccio?
Perché vendo tappeti?

Ho capito, preferiresti la tortura a questo mio scrivere.

Sì, è la domanda di questo rutilante 2020.

Ed ora mangiamo: pasta con crema di peperoni.

Go, go, go!

Per preparare delle penne con crema di peperoni, per due persone, hai bisogno di:

  • 200 grammi di penne;
  • 500 grammi di peperoni, misto di gialli e rossi (peso preso dopo la pulizia);
  • una cipolla;
  • basilico;
  • 50 grammi di panna fresca da cucina (quella non zuccherata, ovviamente);
  • 40 grammi totali di ricotta salata affumicata;
  • 10 grammi d’olio;
  • 2 spicchi d’aglio.

Trita la cipolla.
Taglia a pezzetti i peperoni. Più piccoli saranno e meno impiegheranno a cuocere.
Togli la camicia agli spicchi d’aglio.

Grattugia la ricotta salata e metti l’acqua della pasta a bollire.

Versa 10 grammi d’olio in padella e fai soffriggere la cipolla e l’aglio.

Dopo qualche minuto, quando la cipolla inizierà ad essere morbida, aggiungi i peperoni.

Aggiungi il sale, il basilico, chiudi col coperchio e fai andare finché saranno morbidi. Ogni tanto gira (insomma, non te li dimenticare lì) e se occorre aggiungi acqua calda.

Appena sono morbidi, togli l’aglio e caccia tutto nel boccale in cui puoi usare il mixer ad immersione.
Trita tutto, aggiungendo ulteriore basilico, sale (se occorre)

Otterrai una crema liscia che puoi ributtare in padella.

Accendi una fiamma bassa, attendi la pasta che devi scolare un paio di minuti prima del tempo indicato sulla confezione.

Butta pure lei in padella e concludi lì la cottura, mescolando ed aggiungendo acqua se occorre.
A fiamma spenta caccia dentro 20 grammi di ricotta salata.

Mescola bene e prepara le porzioni. È a questo punto che ti consiglio di aggiungere la panna, perché secondo me a crudo dà il suo meglio: insaporisce e fa la crema. Io faccio sempre così, poi vedi tu.
Spolvera ancora con altra ricotta salata.
Ecco cosa dovresti avere davanti a te:

Ciao e buon appetito!

Pesce spada alla griglia

Oggi ricetta facile facile, con poche insidie, che magari potresti farti quei giorni in cui hai così fame che mangeresti il gatto. Crudo.

Quei giorni che poi finiscono così e non è bello.

Ti voglio proporre infatti il pesce spada alla griglia, che l’ha cucinato Stefano Barbato e mi ha fatto venire voglia.

Volevo fare un contorno di verdure, ma la lunga cottura mi ha un po’ esasperato.
Perché io volevo una cena da 4 minuti, però per cucinare i peperoni e le carote ce ne sono voluti QUARANTA. Quaranta in cui non è che ho dovuto fare niente di speciale, se non attendere. Con una fame della madonna.

Ero così.

Quindi no, solo pesce.
Go, go, go
!

Per preparare il pesce spada, per due persone, hai bisogno di:

  • 2 fette di pesce spada da circa 300 grammi l’una, dallo spessore di un centimetro;
  • 10 grammi d’olio con cui condire il pesce spada;
  • pepe, sale;
  • prezzemolo.

Parliamo del pesce. Se ce l’hai fresco, tutto ok. Se ce l’hai surgelato, non devi fare le cose di fretta, perché poi ti viene stopposo o dal gusto discutibile. Devi metterlo su un piatto e lasciarlo decongelare in frigorifero. Ci vorrà del tempo (12 ore almeno), ma è un’operazione che non puoi saltare.
Tre o quattro ore prima della cottura lo tiri fuori dal frigo, così gradualmente lo riportiamo a temperatura ambiente. 
Davvero, già stiamo comprando roba surgelata, se poi la trattiamo pure male tanto vale mangiare i bastoncini di merluzzo finti, che tanto è uguale.

Sì, ho capito che i bastoncini sono buoni, però dai, facciamo le persone serie.

Una volta che hai fatto tutto questo ed è ora di cena, l’unica cosa che devi ancora fare è tamponare il pesce con della carta assorbente per levare l’acqua che sarà rimasta.

Il pesce avrà bisogno di una cottura totale di 5 minuti.

Prendi la tua piastra, non aggiungere grassi.

Accendi una fiamma medio alta. Non aggiungere sale, non aggiungere grassi, non improvvisare.
Attendi solo che vada in temperatura.
E come faccio a sapere quando è in temperatura, chiederai?
Semplice: mettici una mano sopra.

Subito a capire male e a insultare.

Non intendo sopra letteralmente, caro Drax, ma leggermente sollevata. Che so, di 10 cm.
Se riesci a tenere la mano lì per 5 secondi ma poi la devi spostare, sei a temperatura.
Se non riesci a contare fino a 5, devi abbassare la fiamma.
Se riesci a contare fino a 10, vuol dire che devi aspettare ancora.
Science, bitch!

La mano devi metterla così.

Appena è a temperatura appoggia il pesce spada.

Adesso il pesce si attaccherà alla griglia, ma tu non cercare di staccarlo con la forza.
Dopo tre minuti si staccherà da solo e ti lascerà quelle belle righe di sbruciacchiato buonissime da mangiare. Non bucare la carne, ma girala con delle palette, sennò sputtani la cottura.

Dopo 3 o massimo 5 minuti, quindi, sarai in grado di girare la fetta quasi naturalmente.
Non devi sforzarlo per staccarlo, insomma, deve essere un’operazione che avviene senza l’uso dei tuoi possenti muscoli.

Se hai preso il pesce surgelato, come me, è possibile che noterai parecchio liquido fuoriuscire, come quello che vedi in foto. Purtroppo è normale e tu stai facendo giusto. Col pesce fresco questo non dovrebbe accadere. Ma a volte non accade manco con quello surgelato, dipende dal volere di Pazuzu.

Aggiungi un pochino di sale sulla superficie già cotta ed attendi l’altra parte.
Anche in questo caso dovrai attendere che si stacchi dalla piastra, le regole sono le stesse scritte in precedenza.

Fine.
Una volta sui piatti cospargi con del prezzemolo, del pepe ed un filo d’olio.

Ti faccio vedere pure l’altra fetta, che è venuta più scura:

Fine. Mangia, te lo sei meritato.

Ciao e buon appetito!

Risotto con crema di peperoni

Finalmente un risotto nuovo.
Perché tu ormai lo sai, io sudo freddo ogni volta che ne preparo uno. I tempi di cottura sono altamente variabili, le combinazioni di formaggio e frutta van dosate al grammo perché abbiano un senso. E le istruzioni sul web aiutano sempre poco. A volte mi scoraggio e penso di avere disimparato a farli. Altre volte sono convinta di essere The Master of Rice.

Stessa sicurezza.

Di solito il vero problema è che manca un ingrediente che faccia da contrasto. Oppure gli abbinamenti fan semplicemente schifo.
Sono un ottimo modo per allenarsi a riconoscere il momento esatto in cui il riso muta da riso da minestra a riso risottato. Ad occhio nudo, senza assaggiare.
Ma a parte per questo passatempo personale e discutibile, non servon certo a mangiare bene.

Ognuno si diverte come può.

Questa volta tutto a posto: cottura lunga ma perfetta, condimento ben bilanciato e soprattutto ottima cena.
Grazie al cazzo, la ricetta arriva direttamente dal sensei Luca Pappagallo, era una garanzia.

Assomiglia terribilmente a quel veeeeeeecchio risotto con il pomodoro, soprattutto in quanto a rompimento di palle durante la preparazione. Ho girato il mestolo così tante volte e per così tanto tempo che per un attimo ho pensato di aver sbagliato e di star preparando la polenta.
Perché, checché ne dicano in giro, ogni risotto ha un suo tempo di cottura dovuto a mille variabili. Questo è più lungo della media.
Forse perché il brodo usato è minore del solito?
Forse perché la Madxxxa è putxxna?

Risultati immagini per rebus porca madonna

Risolvi il rebus.

Quale che sia la verità, ti passo la ricetta.
Go, go, go!

Per preparare un risotto con la crema di peperoni, per due persone, hai bisogno di:

  • 200 grammi di riso carnaroli;
  • 500 grammi di peperoni, del colore che desideri;
  • 50 grammi di parmigiano grattugiato. Ci sta benissimo pure la ricotta salata stagionata;
  • un litro e mezzo di brodo vegetale. Se lo prepari con i dadi usane tre;
  • basilico;
  • 200 grammi di passata di pomodoro;
  • sale, pepe;
  • 10 grammi d’olio;
  • uno spicchio d’aglio;
  • una cipolla bianca.

Prima di tutto bisogna cuocere i peperoni.
Quindi lavali e puliscili: devi togliere la testa e tutte le parti interne bianche. Ed i semi.
Poi riducili a tocchetti.

Trita una cipolla, anche non troppo finemente.
Scamicia un aglio e schiaccialo leggermente.

Ok, partiamo.
Versa in una padella 10 grammi d’olio ed appena è caldo caccia dentro sia aglio che cipolla.

Fai andare per due o tre minuti, giusto il tempo di ammorbidire leggermente la cipolla, poi caccia dentro i peperoni.

Aggiungi un po’ di basilico spezzettato con le mani e 200 grammi di passata di pomodoro. Aggiungi anche il sale.

Mescola tutto bene, poi copri con il coperchio.
Devi far cuocere i peperoni per 20 minuti, a fiamma medio bassa. Se durante la cottura ti accorgessi che non c’è abbastanza umidità, bagna con dell’acqua del rubinetto.

In questo tempo comincia a preparare il brodo vegetale (se usi il dado, altrimenti sai che avresti dovuto prepararlo un’ora prima).

Ecco cosa devi ottenere:

Togli l’aglio.
Dopodiché trita tutto con un mixer, aggiungendo un po’ di brodo per rendere il tutto più fluido.
Il risultato:

Ora abbiamo la base per il riso.
Nella tua pentola da risotto caccia dentro il riso e fai tostare a fuoco medio basso per due minuti. Gira spesso, non aggiungere grassi di alcun genere.

Versa poco brodo e fai andare per 5 minuti.

Appena è in gran parte evaporato e dovresti aggiungere altro brodo, versa invece la salsa di peperoni.

Ora parti col risotto normale, ma fino ad una certa. Infatti normalmente il risotto si fa i fatti suoi, basta versare brodo.
In questo caso no: devi stargli dietro, mescolare sempre ed aggiungere poco brodo alla volta se vedi che tende ad attaccarsi sul fondo.
Anche il tempo di cottura sarà più lungo, probabilmente perché la crema di peperoni non ha la stessa temperatura del semplice brodo vegetale. 
Quale che sia la ragione, mettiti l’anima in pace e mescola per tutto il tempo.

In questo tempo grattugia a polvere 50 grammi di parmigiano. 

Assaggia il riso e quando è pronto assicurati che non sia troppo papposo. Se lo è, aggiungi poco brodo.
Poi spegni la fiamma e butta dentro il parmigiano.

Mescola tutto energicamente, poi lascia riposare per due o tre minuti.

Prepara i piatti e su ogni porzione metti un po’ di pepe ed ulteriore basilico.

Ciao e buon appetito!