Farinata (degli Uberti)

Attenzione, attenzione, attenzione che anche oggi ci addentriamo in quei vicoli oscuri che portano dritti dritti all’inferno.
Oggi scaviamo nelle ricette tradizionali.
Oggi roviniamo la farinata di ceci.

Prepararsi bene per accogliere gli haters.

Scriviamo quello che già ha detto Stefano Barbato, che ripeterlo mica fa male: no, non ho la tortiera adatta. No, non ho il forno a legna. No, la mia farinata non è senz’altro paragonabile a quella delle antiche botteghe liguri che non so manco se esistano ancora ma facciamo finta di sì.
Ho messo le mani avanti abbastanza, possiamo smettere di rompere i coglioni a priori oppure dobbiamo passare a prenderci a pizze in faccia?

No, perché io sono prontissima, eh.

Posso assicurarti che, differenze di mezzi a parte, si tratta di un’ottima farinata.

È una ricetta facile? Sì e no. Sì perché si parla di una specie di pane basso composto da acqua e farina, no perché la cottura è un po’ una brutta bestia e devi stargli dietro. Basta un minuto in più e si sputtanata tutto. Lo so perché mi è successo e Cthulhu e Pazuzu sono stati nominati invano innumerevoli volte.

Sono venuti anche a trovarmi i miei parenti alla lontana da Innsmouth.

Per mettere pace a tutti i contestatori, dunque, non la chiamerò Farinata di Ceci o Farinata Ligure o Fàina o Cecina. La battezzerò Farinata degli Uberti, poiché si sa che la Kaiju’s Land è un luogo colmo di cultura, proprio talmente tanto che ci sguazziamo.
Quindi Volgiti! Che fai? Non vedi che Pizzakaiju ti sta per donare un segreto culinario inestimabile?

Il Signor Farinata di Ceci.

Cercherò dunque di spiegarti quello che ho imparato, ma sappi che l’impasto è quello di Barbato ma il metodo me lo sono cavato fuori con fatica, facendomi uscire il sangue dagli occhi.

Perché la risposta non è sempre 42, anche se la disinformazione e i terrapiattisti ci tengono tantissimo a farlo credere a tutto il multiverso.

Sulla Farinata se ne dicono tante, ma posso darti delle direttive precise su alcune cose:

  • l’olio ci va e pure tanto. Senza i mezzi originali l’unico modo per non fare attaccare tutta la madonna è l’olio. Rassegnati;
  • c’è enorme differenza tra l’usare il mixer e la frusta a mano. Il mixer renderà la tua farinata spumosa e fluffosa, con la frusta a mano sarà più bassa e risulterà più croccante;
  • la cottura è molto variabile. Va dai 13 minuti fino ad un massimo di 25. Non so perché, ma cambia SEMPRE. Quindi ti potrò dare consigli precisi fino ad un certo punto, poi dovrai stare all’erta;
  • il riposo da 24 ore o il riposo da 4 ore? La mia esperienza mi ha mostrato che 4 ore sono più che sufficienti. La migliore farinata che ho preparato ha riposato esattamente quel tempo.

Detto questo, la mia farinata non è sottile perché – ho scoperto – non mi piace sottile. L’ho provata, l’ho anche bruciata, non mi è piaciuta. Quindi se la vuoi più sottile o ti attacchi al cazzo oppure adatti le dosi.

#twin peaks from Aqua Regia

Sì, ho detto che ti attacchi al cazzo.

Useremo una teglia da 32 cm.

Go, go, go!

Tutti in cucina!

Per preparare una Farinata (degli Uberti), per due persone, hai bisogno di:

  • 200 grammi di farina di ceci;
  • 600 grammi di acqua;
  • 40 grammi di olio extra vergine di oliva per l’impasto;
  • 40 grammi di olio ulteriori per ungere la teglia;
  • 5 grammi di sale;
  • pepe.

L’impasto avrà bisogno di 4 ore di riposo. 
Come si fa? Semplicissimo. Almeno all’inizio.

Prendi una ciotola e versa i 200 grammi di farina.

Con una frusta a mano leva tutti i grumi.

Ora dobbiamo aggiungere l’acqua. Poca alla volta.

Ne aggiungi poca, poi mescoli. Sempre con la frusta.

Vai avanti così fino a che otterrai un liquido.

Chiudi con qualcosa (pellicola, coperchio di pentola) e lascia riposare 4 ore.

Esaurito quel tempo accendi il forno a 250 gradi e posiziona la grata grosso modo a metà forno.

Ora, la parte del forno è quella più complessa, soprattutto se come me possiedi un forno che non ha la modalità ventilata. Ti avviso subito: ogni forno è diverso, quindi è probabile che la tua prima farinata non sarà super perfetta. Ma ci proviamo e vedi che ci riusciamo pure, dammi retta.
Accendi dunque il forno a 250 gradi,  modalità statica (se hai ventilato, usa il ventilato). 

Sul liquido potrebbe essersi formata della schiuma: levala con un cucchiaio.

Smuovi ora il composto, con cucchiaio oppure con una frusta, perché parte della farina si sarà sedimentata sul fondo.
Versa ora 40 grammi d’olio e 5 grammi di sale e mescola bene.

Mentre attendi che il forno vada a temperatura, devi fare due cose. Versare 40 grammi d’olio sulla teglia che hai deciso di usare. Con movimenti circolari, distribuisci l’unto in maniera uniforme.
Devi avere TANTO olio, altrimenti si attaccherebbe. E per capire se è la quantità corretta, fai scivolare l’olio tutto su un lato. Se hai abbastanza olio da farlo roteare lungo tutta la circonferenza della teglia significa che è tutto ok.

Adesso bisogna versare l’impasto nella tortiera, ma non bisogna farlo in maniera violenta. Un po’ perché la teglia è bassa e potrebbe fuoriuscire, un po’ perché rischieresti di levare la patina di olio che abbiamo versato. 
Quindi aiutati con un cucchiaio. Piano piano versa il composto prima sul cucchiaio e poi sulla teglia, così non arriva il super fiotto sputtanatore:

Davanti a te avrai una roba del genere:

Ora la parte più difficile: spostare la teglia nel forno. Talmente difficile che io nel mio secondo tentativo ho compiuto l’operazione del versamento del composto direttamente nel forno acceso.
Sì, ho un equilibrio di merda.

Comunque, nel forno adagia la teglia a metà altezza. Fai andare 10 minuti.
Si potrebbero formare delle bolle.

Dopo 10 minuti apri il forno per levare un po’ di umidità e poi sposta la teglia più in alto.
Se le bolle non si sono sgonfiate, bucale con un coltello. 

Attiva anche il grill e togli il calore dalla resistenza inferiore. 
Ora devi fare cuocere per dai 5 ai 10 minuti. Cosa deve venire fuori? Si deve dorare la superficie, ben bene. Dorare e non bruciare, mi raccomando. Se vedi che sui bordi inizia a scurirsi troppo, puoi aprire di nuovo il forno ed abbassare di nuovo la teglia a media altezza.
Di tanto in tanto gira la teglia per uniformare la cottura. 

Ecco cosa avrai ottenuto alla fine. E se non è di questo colore, significa che non è ancora pronta:

Quando taglierai le fette vedrai che la patina sopra sarà leggermente staccata. Croccante, ma staccata. È giusto così:

Ho diverse foto che della farinata già tagliata a pezzi che ora ti mostrerò, per farti capire il colore finale.

1:

2:

3:

e infine 4:

Tagliala a fette e spolvera con del pepe nero.
Che deve venire fuori? Semplice: sopra croccante, come una patina a parte. Dentro morbida ma cotta e sotto umidiccia. 
Se ti è venuta così non credere ai soliti terrapiattisti: la tua farinata è perfetta

Ciao e buon appetito!

Pubblicità

La focaccia di Pizzakaiju (e quest in panetterie leggendarie).

Ricordo questa panetteria zeppa di donne. Non una di quelle panetterie in cui entri, fai due passi e mezzo e davanti c’è il bancone con tuttecose. No: uno stanzone ENORME, in cui una signora urlava A chi tocca? e qualcuno gridava qualcos’altro in risposta. Una rosetta, sei chili di pane, 500 quintali di biscotti.

Non c’erano numeri: solo un casino di signore che la mattina prestissimo (ricordo che era l’alba, quando mia nonna mi ci portava) come prima tappa della loro giornata piena di quest da signore, dovevano procurarsi del pane.

Mia nonna, subito dopo, aveva in lista questo.

E non ho un ricordo di litigi, né di attese eterne. Incredibilmente, in quella panetteria senza regole, tutto funzionava. Dieci minuti dopo riattraversavi la strada con in mano quella focaccia buonissima che ancora – 30 anni dopo – mi sogno.

Purtroppo non mi capitava spesso di seguire mia nonna nelle sue avventure. Di solito andavamo a casa sua all’ora di pranzo, quindi la focaccia era già nella credenza. Insieme ad un sacco di pane secco e duro da grattugiare e a quell’altro che diventava gomma, più buono così che da fresco. Soprattutto con la cioccolata.

Ma quelle rare volte in cui si dormiva lì, in cui mi lasciavano dormire su quella branda che camminava da sola, con quel materasso così vecchio che mi ci sprofondavo (una branda che normalmente riposava sotto il televisore grande del salotto), quelle rare volte, dicevo, la prima cosa che si faceva all’alba era proprio andare nello stanzone pieno di signore.

Eddai, che l’aneddotone è quasi finito, giuro.

Magari questa cosa non è mai successa. Magari è come quando ti ricordi Moonwalker, quel gioco del Megadrive, con una grafica da paura. Con tutta la gente che ballava sui tavoli dei pub e ai cimiteri ed il robottone gigante che non so più perché ad un certo punto ti facevano usare. Poi lo riguardi ed era ovviamente un gioco del Megadrive, che ti aspettavi? Pochi bit, musica mono, ingiocabile oggi a meno che non si faccia parte di quel gruppo che adora il retrogaming per – mi immagino io – pura nostalgia. Nostalgia da focaccia.

La tecnologia, nel 1993.

Che belle le musiche del Nintendo! Poi riattacchi la console, sul tuo televisore 4k da 98 pollici e non sei in grado di distinguere Mario da una tartaruga. Come se non bastasse, ti viene pure il mal di testa perché quei suoni mono ti stanno trapanando il cervello. Sì, belle le musiche del Nintendo! Nel 1993, però, e stanno bene giusto là.

Questa cosa della nostalgia da focaccia sfugge di mano a moltissimi. Si idealizzano le robe più impensabili, persino l’odore del vicks vaporub.

Eh, la Nostalgia da focaccia di Mauro Repetto. Mi sa che quella le batte tutte.

Pure a me che sto qui ancora, dopo mesi, a sbattere la testa su ‘sta ricetta di focaccia che sto per darti.
Che è buona, anzi, è buonissima. Ma non è lei. Non è quella focaccia delle mattine con la nonna, non è la focaccia di quella panetteria affollatissima a cui il mondo dovrebbe provare ad assomigliare, almeno un po’.

Eh, lo so.

Aprire un discorso oggettivo sulla focaccia è difficile quanto quello sulla pizza: tanti chiamano focacce cose che non gli somigliano neanche. Ed anche le focacce, poi, sono tante, differentissime, da panetteria e panetteria.

Quindi non te la prendere se la focaccia di Pizzakaiju non è la focaccia che vorresti tu. Quella, con tutta probabilità, non esiste più e forse non è manco mai esistita.

Comprensibile, è stata anche la mia prima reazione, prima dell’accettazione.

Ringrazio Gli Esperimenti di Mary Grace perché, dopo tanto sperimentare, la sua ricetta è quella che ho preferito ed in pratica non ho cambiato niente.

Go, go, go!
Useremo una teglia 30×20. 
Per preparare la focaccia di Pizzakaiju hai bisogno di:
  • 250 grammi di farina per pizze e focacce. Sui sacchi di farina c’è scritto proprio così, se trovi quella con la dicitura macinata a pietra compra quella, che mi è sembrata più decente rispetto alle altre;
  • 3 grammi di zucchero o miele;
  • 10 grammi di lievito fresco;
  • 5 grammi di sale fino;
  • 10 grammi d’olio;
  • 150 grammi d’acqua tiepida.

Per la salamoia – ossia il liquido con cui dovrai bagnare l’impasto prima di infornarlo – avrai bisogno di:

  • 10 grammi d’olio;
  • 30 grammi d’acqua tiepida;
  • un po’ di sale grosso.

Ci vorranno circa due ore di lievitazione + 15 minuti di cottura al forno. Vedi tu come organizzarti.

Prendi tutto l’occorrente che iniziamo.

E lo so che quando hai letto salamoia hai pensato a questo.

In una ciotola versa tutta l’acqua tiepida e dentro mettici il lievito ed il miele (o lo zucchero). Con un cucchiaino aiuta il tutto a sciogliersi.

In una ciotola versa la farina ed il sale. Mescola benissimo con una frusta.

Versa ora l’olio e l’acqua con tutto il lievito. Amalgama il tutto con un arnese di legno.

Appena non è più evidentemente liquido, passa ad impastare con le mani.

Impasta per 10 minuti, spostandoti sul piano da lavoro quando l’impasto si sarà un po’ compattato.
Nel caso in cui l’impasto risultasse troppo morbido e ti si attaccasse sulle mani, ogni tanto cospargi le tue mani di farina. 

Dopo 10 minuti di putenza nei bracci, metti l’impasto ottenuto in una ciotola leggermente oliata.

Coprila con un bagno umido (inzuppalo, strizzalo e caccialo là sopra). Fai riposare per un’ora. Temperatura permettendo, dovrebbe lievitare.

Ecco il mio, un’ora dopo:

Fodera con della carta da forno una teglia, ungila leggermente con un po’ d’olio e poi cacciaci sopra l’impasto.
Devi stenderlo con le mani, fino ad occupare tutto lo spazio della teglia. Non avere fretta: l’impasto potrebbe essere molto elastico, quindi dagli il tempo di adattarsi ai movimenti. Se ti metti a strapparlo con forza, poi lo spacchi.

Cospargi con del sale grosso.

Lascialo riposare per altri 45 minuti-un’ora. Dovrebbe essere sufficiente (se c’è gelo in casa, prolunga fino a quando vedi risultati di lievitazione).

Ora prepariamo il liquido da mettere sopra, che chiamerò Salamoia pure se non so se si chiama così.

In una ciotolina versa 10 grammi d’olio e 30 d’acqua tiepida. Cerca di mescolarli un po’.

Versa il liquido sulla futura focaccia.

Con le dita pratica delle fossette su tutta la superficie dell’impasto. La foto sotto non ha la salamoia ma non fa niente, lascia stare.

E niente, a quel punto ci siamo.

A questo punto accendi il forno a 230 gradi, modalità statica.
Inforna per 15 minuti.
Dopo 10 minuti gira la teglia e se vedi che dell’acqua si è concentrata tutta in un punto (di solito quello centrale), cerca di distribuirla. Se non ci riesci, non fa niente.
Ti accorgi della prontezza della focaccia dal colore della superficie. Dopo 15 minuti, ecco la mia:

Ma le tegliate non rendono mai l’idea, sembrano sempre troppo eterogenee.
Quindi ecco delle foto migliori:

Quel che conta è la cottura interna. Perfetta:

Ed ecco una delle mie due fette:
Mangiala caldissima, mi raccomando.
Ciao e buon appetito!