Pici al sugo con cipolle caramellate ( + anche i burattini sognano rospi veri?)

Tutta questa fatica per 5 monete d’oro? Non era meglio andare a lavorare?

Lo so, è anche la mia reazione di fronte alla parola LAVORO.

A questo pensavo mentre leggevo Pinocchio. Il Gatto e la Volpe corrono per 15 chilometri, instancabili. Danno fuoco ad un albero per cercare di stanare il burattino, si buttano nelle acque putride e poi continuano la marcia. Tenacissimi.
Anche la loro durezza è terrificante. Dapprincipio lo accoltellano. Pinocchio, un bambino. Di legno, ma pur sempre un bambino. Poi quando finalmente lo raggiungono, lo legano ad un cappio e lo impiccano e se ne vanno perché il legno è duro a crepare. L’intenzione è quella di tornare il giorno dopo, con calma, e mentre si allontanano urlano una roba tipo E facci il favore di essere morto!  Che è agghiacciante e basta.
Il Gatto e la Volpe non sono due allegri furfanti. Sono due pezzi di merda che si fingono invalidi ed ammazzano un ragazzino per niente. Sono due avanzi della società, dei derelitti, due cancri. Ti giuro, io sono ancora qui a dire Che Schifo, Che Schifo. 

Adesso tocca riguardarsi lo sceneggiato di Comencini.

Ma prima di questa brutta scena, già ero terrorizzata. Pinocchio cammina nel bosco, sta andando al campo dei miracoli per moltiplicare le sue ricchezze. E mentre cammina nel buio compare il fantasma del Grillo Parlante. Grillo a cui Pinocchio aveva spaccato la testa nei primi capitoli, per la cronaca. Già questo mi era parso abbastanza inquietante, però quando il Grillo inizia a raccomandarlo di stare attento, che ci sono gli Assassini e se li incontra farà una brutta fine, Pinocchio risponde una roba che mi ha sconvolto. Io non credo agli Assassini – dice – per me sono una favola che raccontano i Babbi ai loro Figliuoli per non farli uscire la notte. 

Il Pinocchio della mia infanzia

Cioè. Non l’uomo nero. Non il Lupo Cattivo. C’è stato un tempo in cui i genitori parlavano di Assassini. Non oso immaginare l’angoscia. I miei genitori mi terrorizzavano minacciandomi di lasciarmi in collegio ( e non so perché l’idea del collegio fosse tremenda, ma funzionava). Erano ancora della generazione che pensava fosse una buona idea chiuderti in uno sgabuzzino AL BUIO (e tu avevi paura del buio) per punizione. Però gli Assassini no, manco loro erano arrivati a tanto.
Se esci di casa di sera ti AMMAZZANO.
Mio padre diceva che non dovevo andare al bar perché c’erano i DROGATI e l’ansia per le siringhe infette me la son portata dietro per decenni.
Ma cazzo, gli ASSASSINI.
Mentre mi cagavo sotto per il fantasma del Grillo, mi è venuta in mente quella poesia della formica e del grillo che dovevano sposarsi. Quella che finisce con tutti morti: il grillo scivola e si spacca il cervello, la formica per il dolore si trafigge il cuore.

Ecco qua.

E non so se sono più sconvolta da queste immagini cruenti o dal senso di desolazione e straniamento che mi ha accompagnato per tutto Ma gli Androidi sognano Pecore Elettriche? di Philiph K. Dick. Quel cazzo di rospo trovato in un luogo desolato che avrebbe dovuto simboleggiare la possibilità di rinascere o per lo meno di essere vivi nonostante tutto, quel cazzo di rospo – dicevo – mi sta ossessionando da due giorni.
Ci sono proprio rimasta male. Ammazzare Androidi indistinguibili dagli esseri umani è già un lavoraccio, tentare di non farsi venire il dubbio di essere androide a propria volta è un’impresa già impossibile, e tutta quella polvere che copre l’intero mondo ormai in decomposizione può fare impazzire. O il silenzio, in questi condomini vuoti.

Che figata di libro

Quando l’artificialità e la natura diventano indistinguibili, quando l’empatia provata per la sorte di un ragno (UN RAGNO!) è insostenibile, quando sei stanco e non ti chiedi manco perché stai facendo quello che fai e continui a farlo; quando la depressione o la gioia non sono più spontanee, ma frutto di un codice matematico che attiva una parte del cervello; quando domandarsi la natura di un qualcosa significa mutilarla, per comprenderne i meccanismi… insomma, quando non sai manco se sei, hai bisogno di un segnale, di una spinta, di una mano. E quel cazzo di rospo, per un attimo, era stata la vera ricompensa di tanta insensatezza.
Giusto per un attimo.

Fanculo, che ansia. Leggiti Pinocchio. Leggiti Ma gli Androidi sognano pecore elettriche?
Così poi ne parliamo. Ora no, ora si mangia.

Oggi prepariamo un piatto di pasta davvero lungo, perché avrai bisogno di un’oretta e mezza. Questo perché caramelliamo le cipolle e solo loro impiegheranno un’ora.
Ma ne vale la pena: strabuono.

Go, go, go!

Finalmente parliamo di cibo.

Per preparare dei pici al sugo con cipolle caramellate, per due persone, hai bisogno di:

  • 180 grammi di pici;
  • 25 grammi di burro;
  • 300 grammi di cipolle rosse (peso preso dopo la pulizia, sono circa 3);
  • 30 grammi di zucchero di canna;
  • 20 grammi di zucchero semolato;
  • 100 grammi di guanciale;
  • una scatola di pelati;
  • peperoncino fresco;
  • 20 grammi di pecorino romano da mettere sui piatti (proprio una spolverata);
  • sale.

Partiamo dalle cipolle.
Devi tagliarle a rondelle.
Poi in padella metti 25 grammi di burro e cacci le cipolle.

Falle soffriggere per circa 5 minuti, girando spesso e facendo attenzione a non bruciare il burro. Devono proprio soffriggere, non stufare, quindi fiamma un po’ altina.

Dopo cinque minuti si saranno leggermente sgonfiate.

A questo punto metti 30 grammi di zucchero di canna e 20 grammi di zucchero semolato e versa circa 150 grammi d’acqua (mezzo bicchiere).

Mescola bene tutto, chiudi col coperchio, e fai andare a fiamma bassa per 20 minuti.
Ogni tanto gira, aggiungi altra acqua (dal rubinetto va benissimo) se evapora.

Trascorso quel tempo, dobbiamo proseguire la cottura per altri 40 minuti, ma senza coperchio.

Sempre uguale: durante l’operazione aggiungi acqua, gira spesso, usa una fiamma bassa. 
Alla fine della cottura avrai, in pratica, una specie di marmellatona densa. Non deve essere per niente liquida.

Mettila da parte. Il più è fatto. Metti l’acqua della pasta a bollire. Dai una sciacquata veloce alla padella (ti consiglio di fare la scarpetta perché il fondo è davvero buono).
Taglia il guanciale a dadini.
Mettilo in padella.

Fiamma bassa, fallo sudare piano piano. Rilascerà un fottio di grasso, lui cambierà colore. Devi fermarti quando diventerà bello abbronzato e croccante.
Come questo:

Togli il guanciale e tienilo da parte, in quel grasso versa il barattolo di pelati.

Aggiungi sale e pepe, caccia dentro anche un peperoncino fresco e spappola i pomodori con l’aiuto di una schiumarola o di un cucchiaio.
Ricordati – come sempre – di bagnare il barattolo con l’acqua del rubinetto per recuperare tutto il pomodoro attaccato alle pareti. Versa pure quel liquido in padella.

Dobbiamo preparare un sugo straveloce, di circa 15 (massimo 20) minuti. Quindi regolati con la pasta.
Eccolo verso la fine:

Tira fuori la pasta tre minuti prima del tempo indicato sulla confezione /(senza buttare la sua acqua) e schiaffala in padella.

Concludi la cottura lì, bagnando con l’acqua se occorre.
Nell’ultimo minuto di cottura aggiungi tutte le cipolle ed il guanciale.

Mescola tutto, concludi la cottura e portiamo a tavola.

Prepara le porzioni e spolvera ogni piatto con pochissimo pecorino romano.
Ecco cosa dovresti avere davanti a te:

Ciao e buon appetito!

Tagliatelle zucca e guanciale

Mi alzo alle sei del mattino. Do da mangiare al gatto, mi riscaldo il caffè.
Fino a settimana scorsa il passo successivo sarebbe stato guardare immagini di film e cercare film e videoricette.
Adesso leggo i commenti. Su Tik Tok, su instagram.
E dopo 5 minuti sono così:

Quindi una mattinata che di solito sarebbe stata all’insegna della leggerezza e della fatica fisica, diventa il preambolo di una bella giornata di merda.
Ormai alla sola vista del CELLULARE io mi sento quasi male.

Così.

Insulti, cazzate a caso, gente che cerca di tirarti secchiate di merda senza manco sapere scrivere in italiano. E tu lì, in attesa della loro o della tua morte.
Difficile prenderla con filosofia, soprattutto se si ricevono in media 50 commenti all’ora e QUARANTANOVE sono acidi e velenosi quando la bava di uno Xenomorfo.
Ci provo, ma ho comunque la carogna ogni volta che controllo le notifiche.

Avessi i tuoi poteri, gliela farei vedere, gliela farei.

Il bello è che io nei video faccio vedere ricette e mangio. Punto. Difficile trovare degli appigli per cagare il cazzo. Ma, si sa, le teste di merda hanno risorse infinite per fare cagare, quindi l’unica cosa da fare è tirare lunghi respiri in sacchetti di carta e meditare.

E continuare a mangiare.  Quello sempre.

La ricetta di oggi l’ho rubata a Ilenia, modificandola quel tanto che basta per fare in modo che saziasse il mio enorme appetito e togliendo l’impiattamento carino perché noi Kaiju siamo mostri di sostanza. Dateci da mangiare in fretta e lasciate perdere le carinerie  nel piatto, tanto non ce ne accorgiamo nemmeno.
Gli ingredienti principali sono il guanciale e la zucca e ti assicuro che era da sbavo.
Go, go, go!

Laviamoci le mani e partiamo.

Per preparare delle tagliatelle con crema di zucca e guanciale, per due persone, hai bisogno di:

  • 180 grammi di tagliatelle. Non ho usato quelle all’uovo;
  • 600 grammi di zucca. Peso preso dopo la pulizia;
  • 100 grammi di guanciale;
  • 60 grammi di pecorino romano;
  • una cipolla rossa;
  • 50 grammi di panna fresca;
  • sale e pepe;
  • noce moscata.

Prepariamo tutti gli ingredienti.

Trita la cipolla.
Pulisci la zucca: taglia via la buccia, leva le parti filamentose e togli i semi. Tagliala poi a dadini non enormi, altrimenti ci metterà una vita a cuocere.
Riduci a listarelle il guanciale. O a pezzetti, se vuoi, cambia poco.
Grattugia 60 grammi di pecorino, in polvere, così si lega meglio col resto.

Partiamo.
Nella padella adagia il guanciale. Senza grasso alcuno, non ce n’è bisogno.

Accendi una fiamma bassa e fallo sudare. Piano piano cambierà colore e rilascerà un fottio di ciccia (rendendoci dei bimbi felici). Gira i pezzetti per farli colorare su ogni lato. In 5 minuti saranno pronti ed avranno questo aspetto:

Ora preleva il guanciale e mettilo su un piatto, chiuso con un coperchio così non diventa gelido.
Butta la cipolla nel meraviglioso grasso del guanciale.

Fai andare a fiamma bassa per pochi minuti, giusto il tempo di ammorbidirla un po’.
Ed ora butta dentro la zucca.

Aggiungi del sale, chiudi col coperchio e fai cuocere per un bel po’.
Quanto? Finché la zucca sarà abbastanza  morbida da essere tritata col mixer.
Nell’attesa, puoi mettere a bollire l’acqua della pasta. 

Ogni tanto togli il coperchio e bagna con dell’acqua (anche del rubinetto) se vedi che la zucca si dovesse asciugare.
A fine cottura sarà morbidosa ma non sfatta, almeno in teoria:

Adesso tritiamone un tre quarti. Numero che per noi significa un cazzo e che tradurrei con un QUASI TUTTA.
Aggiusta di sale, aggiungi pepe e noce moscata.

Mescola il tutto e rimetti sul fuoco, a fiamma bassissima.
Scola la pasta un minuto prima del tempo indicato sulla confezione e buttala in padella. Concludi lì la preparazione, fiamma alta e mescolando. Se occorre aggiungi un po’ di acqua (ma non dovrebbe servire, in fondo stiamo per aggiungere la panna).
A fiamma spenta butta 50 grammi di panna fresca.

Mescola bene bene e prepariamo le porzioni.

Prima la pasta:

Sopra poi guanciale ed infine pecorino.
Ecco cosa dovresti avere davanti a te:

Ciao e buon appetito!

Rigatoni alla gricia

Quando la salumiera ti dirà che del guanciale si mangia tutto, che non devi buttare via la cotica perché si usa, tu hai due scelte:

  • sfoderare il tuo fanculo migliore, quello che riservi per le grandi occasioni, quello che è stato imbottigliato nel 1982 e te lo ricordi perché è stata un’ottima annata. L’anno di E.T., della Cosa di Carpenter e persino di Poltergeist;
  • sorridere e fare sìsì, dire Non lo sapevo, farti comunque tagliare altro guanciale perché a te piace la pasta più cicciosa che si può e aggiungere che sì, la cotica è la parte migliore del guanciale, che prima eri indemoniata e non sai cosa sia preso al tuo cervello. Che te la mangi a merenda con la nutella, la cotica.
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Spock, prima di andare al supermercato, cerca di tatuarsi nella mente quanto l’umanità sia meravigliosa.

Il mio consiglio è di parlare meno possibile, chiedere direttamente 150 grammi di guanciale e tagliare segretamente la cotica nel sicuro della tua cucina. Non tutti i salumieri sono lì per passione, magari la tipa che ti stava servendo voleva vendere scarpe ma i piani non sono andati come avrebbero dovuto.

Una sola cosa conta per davvero: la cotica non si mangia e quindi dovrai tagliare parecchio da quel salume.

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E un po’ ti incazzi.

Cosa si cucina? Rigatoni alla gricia!

Stiamo parlando di una ricetta classica che non ho mai mangiato a casa di un romano. Quindi non ho VERAMENTE idea di come si faccia. Ho visto che alcuni ci aggiungono un goccio di vino bianco, altri buttano il pecorino direttamente nella padella. Anche capire come gestire la Questione Guanciale (l’unica questione che conti, in questo piatto) non è stato semplicissimo. Io l’ho imparata così, poi boh.

Finché non arriva un Maestro della Gricia ad impararmi, ci arrangiamo così.

Go, go, go!

Per  preparare dei rigatoni alla gricia, per due persone, hai bisogno di:

  • 200 grammi di rigatoni. Puoi usare il formato che ti pare, sia chiaro;
  • 100 grammi di guanciale. Senza cotica. 
  • 50 grammi di pecorino romano, grattugiato a polvere;
  • pepe nero.

Metti l’acqua della pasta a bollire.

Ora prendiamoci un paio di minuti per ammirare la bellezza:

Dobbiamo tagliare la cotica. E poi lo dobbiamo ridurre a listarelle (oppure a pezzetti) piuttosto spessi. Non è tanto la forma che conta, quanto proprio lo spessore. Non deve essere sottile.
Ecco come dovrebbe essere, da quel che ho capito io:

Mentre attendiamo che l’acqua bolla, grattugiamo il pecorino romano. A neve, fine fine.

Cala la pasta e partiamo col condimento.

Accendi una fiamma media in una padella priva di grassi e mettici il guanciale.

Usando una fiamma non troppo alta ma manco bassissima dobbiamo fare diventare il guanciale croccante e trasparente.
Ci vorranno intorno ai 5 minuti e la questione del calore non è banale: devi tenere conto anche del materiale che usi quando cucini. Se la padella si surriscaldasse troppo, allontanala dal fuoco per aiutare la temperatura ad abbassarsi.
Mescola molto spesso, non lasciare il guanciale da solo: se lo bruciamo, la gricia è rovinata. 

Vedrai comparire parecchio grasso ed è giusto così. Se hai un guanciale particolarmente grasso, potrebbe persino formarsi una specie di schiuma.

Ecco come sarà a fine preparazione:

Spegni la fiamma, preleva il guanciale con una pinza e mettilo su un piatto. Coprilo con un coperchio, così non si congela. 

Adesso dobbiamo solo aspettare la pasta, che devi togliere 2 minuti prima del tempo indicato dalla confezione (senza buttare l’acqua di cottura, che ci serve).

Accendi la fiamma sotto la padella col grasso del guanciale, medio alta. Cacciaci dentro la pasta e finisci lì la preparazione, aggiungendo un po’ d’acqua nel caso occorresse.

In questa fase spolvera pure col pepe.

La pasta deve assorbire tutto il grasso residuo. Mescola di continuo.
Conclusa la preparazione spegni la fiamma ed aggiungi il guanciale.

Amalgama gli ingredienti ed ecco qui:

Prepara le porzioni e spolvera ogni piatto col pecorino grattugiato:

Sì, ma con ABBONDANTE pecorino grattugiato. Quella lì sopra è solo un’immagine fuorviante. Ecco come deve essere:

Ciao e buon appetito!