Cuscus con pollo e ceci (+ Perché cazzo Tobe Hooper)

Stavo lì a guardare l’ennesimo film che fa Bu!!! e sbuffavo fortissimo. Non si trattava di una di quelle storie in cui cercano di svegliarti con della musica sparata nelle orecchie per – che so – quattro, cinque volte in un’ora e mezza.
No. In questo film che fa Bu!!! i jumpscare – così li chiamano quelli che ne sanno – erano continui. Sono durati per TUTTO IL FOTTUTISSIMO TEMPO. 

BU!

l’unico ad essere infastidito in maniera vistosissima era Piccettino, chiamato dagli amici MadonnaQuantoPuzzi. Il gatto, insomma. Voleva dormire, lui. Ma la nuova frontiera dell’horror non gliel’ha concesso.
Noi altri umani, invece, abbiamo sbadigliato tutto il tempo e ad un certo punto a Pizzakaiju è partito un embolo che chiameremo Perché cazzo TOBE HOOPER.

Ormai un po’ si dovrebbe essere capito, sia dalle gif che dal mio continuo evocare Cthulhu e Pazuzu: l’horror è il mio genere preferito, pure se alla fine me ne piacciono davvero pochissimi.
Però quando un film dell’orrore funziona per davvero, si insinua in te e non se ne va più. E non per paura: sono incapace di provare quel tipo di emozione. No, io mi diverto davanti ai massacri assurdi e ai mostroni ed al sangue ed agli psicopatici. più il regista spinge verso l’assurdo ed il macabro, più io son contenta.

Quindi sì ai Cannibal Holocaust, agli Adam Chaplin, agli Human Centipede. No ai James Wan e ai montaggi frenetici ed alle musiche sparate nelle orecchie.
E soprattutto sì a Tobe Hooper.

Sì!

Perché cazzo Tobe Hooper è l’emblema della sporcizia, della malattia mentale, dell’estremo.
La sua specialità è inserire in ambienti già inquietanti personaggi manco descrivibili, talmente sono fuori  e sopra le righe e del tutto persi in se stessi.
Prendiamo Quel Motel vicino alla palude: sì, ok che il gestore del motel non sta benissimo e c’ha pure un alligatore come animale semi domestico… ma i clienti sono anche peggio.
E per forza, mi verrebbe da dire: quale sarebbe la persona normale che oserebbe fermarsi in quel posto orrendo? Quando poi arriva Judd, il gestore di cui sopra, di sicuro io e te ce ne andremmo.

Judd è una personcina carina e deliziosa.

Loro no. Loro restano. Per loro è normale.
Loro, infatti, non stanno bene.

Ma parliamo di Non aprite quella porta, che quello lo ha visto pure mia nonna, talmente è famoso.
Lui ci mette subito le cose in chiaro: li mettiamo i ragazzini da scannare. Certo che li mettiamo, vuoi forse progettare una carneficina senza i teenagers? Però, così, a caso, perché siamo sporchi e cattivi, uno lo creiamo paraplegico. Senza ragione: non ci saranno scene segnanti con la sedia a rotelle, né patetismi, né i momenti di empatia verso la malattia. Anzi, non gliene frega una ceppa a nessuno che questo non cammina.

E giochiamo con le cose appuntite perché sì, anche.

Lo mettiamo lì perché sì. Secondo me il perché sì è quello che guida un buon film d’atmosfera dell’orrore: io non li voglio gli spiegoni, i dialogoni, la psicanalisi da quattro soldi. Io voglio i teschi, le motoseghe, la gente a cui piace mangiarsi le budella e i pazzoidi che desiderano fortissimo che un pezzo di merda esca da un intestino per passare nella bocca e negli intestini di altri poveracci. Perché? Perché sì. Perché, al massimo, il pazzo si diverte tanto.

I Have a Dream, sta dicendo.

In Texas Chain Saw Massacre c’è proprio quel particolare che mi ha fatto esclamare Ma cazzo Tobe Hooper. Qui non ci sono i bu!!! perché non ce n’è bisogno.
Nonostante i ragazzi non facciano che correre intorno alla casa, al buio, terrorizzati, la necessità di tenerti sveglio con i jumpscare non si sente: Leatherface è terrorizzante, il suo pragmatismo nel sventrare la gente è protagonista assoluto. Lui ti vede e subito pensa ad attaccarti ad un gancio da macellaio, perché è quello che fa e lo fa da sempre e lo fa bene.

Lasciate lavorare quest’uomo in pace.

Tobe Hooper non usa la musica per sottolineare la fuga: il suono della corsa, delle piante diventano la musica stessa (con qualche minimo effetto sonoro in aiuto, questo sì). Quando compare Leathearface con la sua motosega ti caghi sotto perché fa paura, non perché non te l’aspettavi.

La paura non è una suora zombie che spegne le luci a tradimento. La paura è l’ignoto inspiegabile, una strada buia, il mostro sotto il letto e lo psicopatico che vive nel bosco.
Un uomo con la faccia coperta da una maschera di pelle umana (altrui) che ti insegue per farti a pezzi è un’immagine già potente di suo: non serve calcarla con la musica, basta solo essere bravi a mostrarlo e a non mostrarlo, all’occorrenza.

La bellezza.

Ogni volta che un regista tenta di spaventarmi con le musichette penso che non abbia capito niente del subconscio umano. Penso che non abbia la zozzezza dentro di sé e manco qualcosa da dire.
Perché cazzo Tobe Hooper, invece, con del buio ed un paio di alberi ha creato un universo di cagasotto.

Adesso via, verso nuovi orizzonti, a mangiare cuscus.

A quanto pare anche nel Wakanda si mangia il cuscus.

Del cuscus ho già parlato in questo post qui, ammettendo tutta la mia ignoranza. Su Facebook mi hanno consigliato di prepararlo con ceci, pollo e curcuma e così ho fatto: era buono, quindi ti dono la ricetta, come ogni volta che c’è pappa degna all’orizzonte.

Go, go, go! 

Per preparare del cuscus con ceci e pollo, per due persone, hai bisogno di:

  • 200 grammi di cuscus;
  • 200 grammi d’acqua + sale per cuocere il cuscus;
  • 150grammi di ceci secchi;
  • circa 300 grammi di straccetti di petto di pollo;
  • 20 grammi d’olio: 10 da mettere nel cuscus e 10 per il condimento;
  • 5 grammi di curcuma;
  • 1 cucchiaio d’olio da aggiungere nelle porzioni, se l’effetto Secchezza delle fauci che si facesse sentire.

Il cuscus è proprio il nostro ultimo pensiero, perché impiega pochissimo a cuocere. Partiamo da tutto il resto.

Innanzitutto i ceci: come ben sai in Pizzakaiju’s Land sono banditi quelli in scatola (salvo proprio emergenza), quindi ripassiamo la lezioncina della loro cottura.

È strafacile.

Ti tocca metterli a bagno per tutta la notte, insieme ad una manciata di sale grosso.
Esaurite le 8-12 ore di ammollo sciacqua bene i ceci e poi cacciali in una pentola. Coprili con abbondante acqua, metti il coperchio e fai bollire. Quando l’acqua inizia a fare le bolle passa al semicoperto ed abbassa la fiamma fino al raggiungimento di un sobbollore.
Da lì in poi dipende dai ceci che hai acquistato e quanto li vuoi morbidi. In media io impiego meno di un’ora, a dispetto dei tempi secolari che di solito indicano sulla confezione.

Scolali senza buttare la loro acqua e lasciali da parte.

Scalda una piastra senza aggiungere grassi ed appena è rovente adagia sopra le fettine di pollo.
Fai cuocere a fiamma alta, girandole un paio di volte.

Il pollo è pronto quando è colorato su ogni lato.
Mettilo in un piatto e tagliuzzalo con delle forbici.

Ok.
Ora prendi una ciotola grande grande (dove potrà stare tutto il condimento), unisci pollo e ceci, salali e versa 20 grammi d’olio.

Adesso pensiamo al cuscus.
Versa 200 grammi d’acqua (se vuoi puoi usare quella in cui hanno cotto i ceci ed io ti consiglio di farlo, poiché è un brodo vegetale) in una pentola di cui possiedi il coperchio. Quindi chiudi, attendi le bolle e spegni la fiamma. Caccia dentro il cuscus e sgranalo con una forchetta, poi chiudi col coperchio ed attendi i tempi indicati sulla confezione. Nel mio caso erano 4 minuti.

Metti il cuscus insieme agli altri ingredienti  ed aggiungi 5 grammi di curcuma.

Mescola bene bene.

Prepara le porzioni ed aggiungi olio se ti sembra secco (e immagino lo sarà).
Ecco qui cosa dovresti avere davanti a te.

Ciao e buon appetito!

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Pasta e ceci (ed un film veramente bello)

No, ma Liza Minnelli è UGUALE.
Si muove uguale, sorride uguale, parla uguale. Oh, ma non è che Liza Minelli la copia, Judy Garland?

Finisco il film, vado su google e in sei secondi ecco sferrato un cazzotto in faccia alla mia inettitudine. Con una foto:

Grazie al cazzo che sono uguali: Liza Minelli è la figlia di Judy Garland.
Sono troppe le cose ovvie che non so.

Assoluta ignoranza a parte, A Star Is Born è un film veramente bello. Sto parlando di quello del 1954, che già era un remake a sua volta.

Un po’ di trama, tra le righe, mi vedo costretta a raccontartela. Quindi se non lo hai ancora visto, magari tieniti questo post per tempi migliori.

Ecco il primo tasto dolente: dura tre ore. Si tratta di uno di quei film da pomeriggio della domenica, magari da affrontare sonnolenti, dopo la pappa. Ci si mette lì, ogni tanto qualcuno si alza e va a fare il caffè, compila una schedina del totocalcio, addirittura fa una capatina nell’orto. Quando quel qualcuno torna, Judy Garland è ancora là, che canta e balla vestita in maniera assurda.

È un po’ la sensazione che si ha mentre si assiste a questo polpettone hollywoodiano.

Bisogna digerire un paio di cose ovvie: si canta (e tanto) e come se non bastasse si canta roba anni ’50. Con le ballerine, le mossettine e persino dei neri uguali a quello dello spot della tabù. 
Addirittura ci saranno 30 minuti di canzoni non stop: assisteremo ad un musical dove si assisterà  sua volta ad un musical. Si infrange la quarta parete che manco Deadpool.

Scene a cui devi abituarti.

Ci sono dei lavori che segnano un prima ed un dopo. The Beastmaster è il film definitivo sui furetti. Over the Top è il film definitivo sull’educazione corretta da impartire ai propri figli. Giusto per fare due esempi a caso.
A Star is Born è senz’altro la rappresentazione definitiva dell’importanza dell’Altro nella nostra realizzazione personale.

Judy Garland – e salto subito al fulcro della questione – diventa una persona completa soltanto quando l’Altro (James Mason, inarrivabile che manco Nicolas Cage) le mostra la realtà: i suoi sogni non sono abbastanza grandi. Judy Garland è immensa, soltanto che ancora non lo sa.
Anche la scelta delle parole è importante: non sta dicendo che i suoi sogni sono micragnosi. Lei già sta sognando in grande ed è giusto così. Soltanto che potrebbe spingersi molto, molto più in là.

E come James Mason le parla, con delle frasi tanto semplici quanto disarmanti, Judy Garland crede in se stessa.

Una delle frasi forse più belle che fanno pronunciare a Mason durante il film.

L’intera società cospirerà per togliere alla protagonista quell’unicità che la rappresenta. Senza Mason senz’altro si sarebbe trasformata in un’ennesima starlette famosa ma dimenticabile, come tante prima di lei. È proprio grazie allo sguardo disinteressato di lui, carichissimo di fiducia nella realtà che lei rappresenta, che non ci sarà alcuna trasformazione distruttiva.

La massima felicità, per la protagonista, è rappresentata da un momento di intimità (momento che dura quasi 25 minuti) in cui mostra il suo lavoro a Mason stesso. L’intera scena – lunga e piena di canzoni e balletti – rappresenta la sincronia perfetta tra i due.

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Scena in cui scopriamo che Judy Garland è una di noi.

Non c’è una creatrice ed uno spettatore: lei non sarebbe senza di lui ed è questa la vera potenza di tutto il film. È una storia d’amore non composta da esseri umani che tentano di cambiarsi a vicenda. Semmai di un essere umano che, con una convinzione totale e senza tornaconto alcuno, sostiene ed innalza l’altro, anche a costo di vivere un po’ nell’ombra, preservandone la sua unicità.
Non ci sono baci e tensioni ed imprevisti. La storia d’amore dei due è un costruirsi e sostenersi a vicenda, anche con costi altissimi.

Un’altra scena bella bella.

Se mi piacessero le frasi fatte direi che è un film non sentimentale, ma carico di sentimenti. Siccome non mi piacciono, lo definirei una storia d’amore per persone adulte, senza gli slanci adolescenziali o da donnette a cui siamo spesso abituati (penso alle storielle con Sandra Bullock e compagni). L’amore che non è attrazione sessuale o l’attimo che fugge o la passione che travolge. Semmai quella costruzione, pezzetto di lego dopo pezzetto di lego, che quotidianamente si arriva a concepire. Non senza errori, non senza perdere qualche mattoncino per casa (e non senza pestarne uno nelle tenebre).

Quindi sai cosa guardarti questa settimana. Ora basta, che si mangia.

Seguiamo il loro esempio.

Go, go, go! ed andiamo a sfamarci.

Ballare per la gioia davanti al tavolo colmo di cibo.

Per preparare una pasta e ceci, per due persone, hai bisogno di:

  • 180 grammi di tubetti;
  • 10 grammi d’olio;
  • uno spicchio d’aglio;
  • rosmarino, sale;
  • un pelato. Proprio uno;
  • un’acciuga sottolio. Sì, proprio una: sei andata a scuola, sai contare?
  • 200 grammi di ceci secchi.

Come ben sai, i ceci vanno messi a bagno dalle 8 alle 12 ore (per alcune marche anche 24). 
Quindi prendi i ceci secchi, li metti in una ciotola e la riempi bene bene d’acqua. Tieni conto che i ceci raddoppieranno di volume, quindi non essere tirchia con l’acqua.
Di solito la cosa finisce qui, ma questa volta ci aggiungiamo l’ingrediente segreto: un po’ di sale grosso.

Trascorse le 8-12-24 ore (leggi le istruzioni sulla scatola e se li compri sfusi, vai di 24 così sei sicura) bisogna cuocerli.
Io tendo a prepararli la mattina per la sera, ma nulla ti vieta di ridurti all’ultimo minuto. Il fatto è che i ceci non hanno un tempo di cottura ben preciso: può andare dall’una alle tre ore, a seconda. La marca che compro io (la select) impiega un’ora ed un quarto circa (nonostante sulla scatola pratichino terrorismo spinto e indichino ben 150 minuti).

Sciacqua un po’ i ceci e butta via l’acqua in cui li hai ammollati. Caccia i ceci in una pentola, coprili d’acqua e porta a bollore: coperchio chiuso, fiamma alta. Come inizia a bollire abbassa la fiamma al minimo, tieni semi coperto e fai andare fino a quando sono morbidi. 

Di solito mi vengono sempre molto coccioni, ma con il metodo del sale sono venuti praticamente perfetti: senza spellature e morbidi senza essere sfatti.

Il più è fatto.
Dividi i ceci in due parti uguali e non buttare l’acqua in cui hanno cotto, è uno degli ingredienti principali.

Caccia una parte  di ceci in un contenitore per il mixer ad immersione. Aggiungi un po’ d’acqua di cottura e tritali. Non avere paura di usare troppa acqua: è in questo liquido che cuoceremo la pasta. Aggiungi anche un po’ di sale.

Il liquido rimasto salalo, rimettilo sul fuoco e portalo a bollore. Col coperchio, per velocizzare l’operazione e per non farlo evaporare troppo. Ah, quella schiuma che vedi si mangia: sono le proteine dei ceci, quindi è roba buona.

Taglia in due l’aglio e levagli l’anima, che ormai non è più fresco e poi non lo digerisci. Fatto questo, tritalo.

In una pentola capiente e di cui possiedi il coperchio versa 10 grammi d’olio. Caccia dentro un po’ di rosmarino e l’aglio. Accendi una fiamma medio bassa.

Appena l’aglio inizia a sfrigolare aggiungi anche il pelato, con un pochino di liquido.

Fai andare per un paio di minuti, giusto il tempo di fare sciogliere il pomodoro.
A questo punto unisci anche l’acciuga:

Appena l’acciuga si scioglie, puoi unire i ceci interi.

Mescola bene ed unisci anche quelli tritati.

Se pensi che il liquido sia troppo poco aggiungi quello che hai messo a bollire. Assaggia, aggiusta di sale.
Chiudi col coperchio e porta a bollore. Versa poi la pasta.

Mescola bene e falla cuocere là dentro, aggiungendo brodo di ceci nel caso dovesse evaporare troppo.
Tieni conto che devi spegnere la fiamma tre minuti prima del tempo indicato sulla confezione e che il risultato dovrebbe essere piuttosto asciutto. Quindi non esagerare con il liquido.

Ecco la mia a fine cottura:

Chiudi col coperchio e lascia riposare per 5 minuti. In questo tempo il liquido si restringerà ancora, quindi se pensi che sia troppo asciutta, aggiungi una mestolata del brodo prima di tappare.

Dopo tre minuti ecco qui:

Prepara i piatti e spolverizza ogni porzione con del pepe e, se vuoi, un filo d’olio. 
Dovresti avere davanti a te una cosa simile:

Se per caso avessi sbagliato e ti fosse venuta troppo secca, non bestemmiare: limitati ad aggiungere del brodo caldo nelle ciotole. Non cambia assolutamente nulla!

Ciao e buon appetito!