(Se non c’hai tempo di leggere le mie stronzate hai tutta la mia approvazione e comprensione e salta dove vedi la prima frase scritta in grassetto. Da lì in poi si mangia e basta).
L’abitudine di stare per i fatti miei è un’ottima, sanissima abitudine. Ho tempo per fare sport, vedere un fottio di film inutili, videogiocare, cucinare robe lunghissime e persino leggere qualcosa, quando i neuroni lo consentono.
Certo, esiste anche il momento del tedio, della noia, del nulla, soprattutto quando piove e dopo un po’ vorresti rompere ogni schermo in casa perché basta cazzo, c’è un limite a tutto.

Il mood di quei momenti lì.
Nell’ultimo periodo – vuoi per il blog, vuoi soprattutto perché boh – ho invitato il multiverso nel mio profilo facebook, aggiungendo contatti in maniera del tutto casuale. Ho aperto un account twitter ed uno instagram e – è questa la parte più complessa – ho pure iniziato a commentare i post degli altri.
Prima con le faccine e i cuoricini, con gli XD e i LOL.
In seguito con roba un po’ più complessa e – nei giorni no – sono persino incappata in diverse polemiche iniziate per caso e (sempre, invariabilmente) prive di alcun senso.
Un paio di giorni fa, a furia di leggere e lasciare il mio segno nel mondo internettiano, ho commesso uno sbaglio. Un errore tanto cretino quanto macroscopico.

Un errore tipo questo.
Sono finita su un sito che boh ed ho letto un articolo che boh.
L’ho letto tutto, non mi è piaciuto, l’ho criticato sotto al post del tizio che l’aveva condiviso.
Dopo poco arriva l’autrice dell’articolo che mi spiega il suo punto di vista. Io rispondo e tutto ok.
Poi arriva un altro commento che mi fa girare le pale boomerang a mille ed io rispondo di nuovo. Perché va bene tutto, ma lì mi si accusava di non capire l’ironia, di non cogliere l’ironia, di non sapere manco che cazz’è, l’ironia.

PUGNI MISSILE!
Dopo un brevissimo botta e risposta, uno dei miei neuroni – probabilmente l’unico non occupato a strillare come un coglione – si è accorto di un particolare. Ma un particolare talmente grosso che uno poi si vergogna quasi a dirlo: io stavo bisticcian-dialogando non più con l’autrice dell’articolo, ma con una tizia che era intervenuta ancora più a cazzo di me.

Domanda che ci si dovrebbe porre prima di commentare qualsiasi cosa.
A me capita SPESSISSIMO di confondere i nomi mentre scrollo la pagina Facebook perché, alla fine, mica sto leggendo. Sto facendo zapping e nel tuo zapping può pure capitare che sia la Clerici a mettere le mani nella merda di dinosauro e non Laura Dern.
Perché il cervello non è focalizzato, sta solo giocando una sua versione personalissima del ping pong.
Quindi io scrollo, leggiucchio che Franco Ciccio ha postato una cagata, poi due ore dopo vedo che non si trattava di Franco Ciccio, bensì di Francesco Ciccione. Sì, vero, nomi simili, ma non è la stessa persona.

La merda del dinosauro di Antonella Clerici.
Ecco, qui è capitata una cosa molto simile. I miei neuroni hanno deciso che si trattava della stessa persona con – addirittura! – due avatar diversi.
E niente, alla fine mi sono presa a schiaffi da sola ed ho smesso di commentare, osservando il mio madornale sbaglio per 15 minuti buoni, con aria ebete.
Mi sono comportata esattamente come l’internet si comporta regolarmente con me ed io non avevo manco l’alibi di stare commentando al cesso. Nono. Io ero seduta, religiosamente in silenzio, davanti al pc.
Questo mi ha fatto pensare a tutte le volte che ho scritto una parola per sbaglio e non me ne sono magari manco accorta ed al fatto che, anche se più di rado, pure io ho le dita più veloci del cervello. E se è vero che la maggioranza di utenti dell’internet non merita la mia attenzione, è altrettanto vero che in quel momento lì io ero la maggioranza dell’internet, solo con l’utilizzo più sapiente di virgole ed accenti.

Eggià.
Forse però ammettere l’errore davanti a tutti – e soprattutto davanti a me – può solo rendere migliore questo web di merda in cui tutti ci scorniamo di continuo.
Il problema non era quello che stavo affermando – l’articolo continua a non piacermi e continuo a pensare che le mie argomentazioni fossero lucide – ma la mia reazione istintiva di saltare al collo dell’altro, senza manco disturbarmi a leggere un po’ meglio almeno il nome dell’interlocutore. Perché l’autrice mica mi ha scritto niente di fastidioso, anzi. Già il fatto che qualcuno si disturbi a rispondere a qualcun altro, esplicando il proprio pensiero e lavoro, è segno di apertura. Era l’altra – quella che non so manco chi cazz’è – che ha usato un tono talmente paternalista da farmi estrarre l’alabarda spaziale.

Tette Missili!
Non lo sto vivendo benissimo, questo internet. Soprattutto in questi tempi di apertura e di esami di coscienza. Da una parte trascorro ore a guardare video su youtube di persone intelligenti, con argomenti interessanti, capaci di trasmettere tutta la loro cultura-passione a chiunque passi di lì.
Poi scrivo uno status stronzo su facebook e puntualmente qualcuno non capisce quello che sto dicendo e si inizia a polemizzare. C’è uno scarto così enorme tra quello che vorrei fosse l’internet e quello che poi è per me, che ultimamente sta diventando quasi una forma di schizofrenia.

Molto più di ogni tanto.
E non è che magari pure loro – uno se lo chiede – quando scrivo io e mi rispondono in realtà non stanno leggendo e si avventano però sulla tastiera? Così, perché oggi non ho niente di meglio da fare? Perché non ho digerito bene?Dunque mi impegno – in questo fine 2018, quasi 2019 – nel lasciare commenti solo intelligenti, leggendo d’ora in poi sei volte ciò che gli altri scrivono prima di palesare la mia inutile presenza. Almeno quando sono io ad andare a disturbare loro, sulla loro pagina o canale youtube o chissà che altro.
Prima di commentare qualcosa – QUALSIASI COSA – devo chiedermi: mi interessa davvero iniziare un dibattito su questa cosa? Sono preparata sull’argomento o è solo noia? Il mio innervosirmi per un dato x è un innervosirmi consapevole e pensato? E se sì, in ciò che vuoi commentare c’è un pensiero consapevole o stai per iniziare un litigio con uno che reputi demente? Se lo reputi demente, ha senso farti coinvolgere?
E ancora: il mio commento potrebbe rovinare la giornata a questo in fin dei conti sconosciuto? Se sì, perché lasciarlo? Vorresti che qualcuno lo facesse con te?
E poi: se proprio ho superato tutto questo esame di coscienza prescrittura, sei proprio sicura di voler usare questo tono qui? Non ce n’è uno più standard, asettico, uno che useresti con le persone che non conosci nella vita non virtuale?

Certo, c’è anche questo. Mica è sempre e solo colpa mia: maledetti mulini a vento.
Anche perché, parliamoci chiaro, è raro che nella vita non virtuale io inizi a dialogare con qualcuno. Tendenzialmente sorrido ed annuisco, un po’ perché non sono proprio fatta per le 4 chiacchiere (già solo questo modo di dire mi provoca autocombustione), un po’ perché non mi interessa per niente, un po’ perché è proprio difficile partire a parlare di qualsiasi cosa (foss’anche di cinema, per dire) con qualcuno di cui non sai niente. Non è che incontro la cassiera che mi dice che ieri ha visto Edward Mani di forbici, aggiungendo è il mio film preferito ed io inizio con una filippica su quanto Tim Burton sia un regista di merda. Pure se lo penso. Così come non abbraccio qualcuno che mi dice che Tobe Hooper è il suo regista preferito. Che poi magari pensa pure che Hooper sia quello di The Evil Dead, che può succedere.

E questo è Jason.
Ricordo una volta che una commessa mi ha detto che non sapeva chi fosse Rocky Balboa. Me lo ricordo ancora, ma non è che gli ho dato un cazzotto in faccia. Mi sono stupita, ho riso e Ciao alla prossima. Su internet sarebbe scoppiata l’apocalisse. Sì, ma perché, in fin dei conti?
Diverso è quando i commenti li ricevo nei miei spazi. Due sono le cose che principalmente mi fanno ingaggiare i raggi cosmici:
- Quando uno dà per scontato che io non sappia qualcosa di assolutamente banale. Non condivido tutto quello che faccio su Fb e quindi se qualcuno mi dovesse consigliare – che so – di leggere la Fondazione di Asimov ci può stare, pure se è chiaramente una di quelle robe che ho letto più volte (e forse leggerò ancora). Perché non parlo mai di libri, leggendo troppo poco per sentirmi a mio agio nel raccontare i miei gusti personali.
Però non faccio che parlare di film. Se qualcuno mi viene a consigliare, cazzo ne so, Lo Squalo, a me girano i coglioni. Ma tipo che lo prenderei a pugni. Perché sento che questa persona mi sta sminuendo, in qualche maniera, con questo tipo di consiglio che per me è giusto l’ABC. A me non vieni a spiegarmi che A è la A di Albero, ma lasciami stare che è meglio.
- Quando uno non è che voglia parlare con ME, ma è lì per parlare e basta. Chiaro che non può valere per contatti recenti, ma giusto per quelli che ho da anni (e ne ho parecchi). Quando qualcuno che mi conosce dal 2012 mi viene a dire – esempio casuale – che un film è più bello in lingua originale, a me viene da saltargli alla gola. Ma come? Non guardo un film doppiato dal 1942 e tu mi dici questo? Sarebbe un po’ come dire Oh, non sapevo che avessi un blog di cucina. Ma come? Tutti i giorni carico foto di cibo, tutti giorni linko il mio blog e tu che sei con me da sempre non te ne sei accorto? E allora, se non ti interessa di me, perché sei venuto a disturbarti? Di solito la ragione è che sono seduti al cesso e non sanno cosa fare.
Belli i tempi in cui si leggevano le etichette dei detersivi.

Tette soniche!
Poi ogni tanto mi ritrovo a litigare, nei miei spazi, con questi sconosciuti del primo punto e magari mi incazzo e sto male per un’intera giornata.
E sai il giorno dopo cosa accade? Che non mi ricordo con chi ho litigato. Proprio IL NOME. Perché ho tanti contatti e non mi sono curata di capire chi mi stava rompendo i coglioni, l’unica cosa che so è che QUALCUNO mi ha rotto i coglioni. Se questo qualcuno si cancellasse, manco lo saprei, non me ne accorgerei.
E allora mi devo chiedere: ma valeva la pena incazzarsi così tanto per uno senza faccia e senza nome? Per uno che riconosco giusto dall’avatar e si sa che gli avatar hanno la data di scadenza e quindi prima o poi non sarebbe identificativo manco quello?

PALPEBRE DI FUOCO!
Il fatto è che queste mie reazioni sono istintive. Così come non posso esimermi dallo scappare quando un calabrone mi vola accanto, così come non posso controllare il senso di panico di fronte ad un burrone… non riesco a controllare questa ira. Si possono incatenare le reazioni istintive? Si riesce a non sobbalzare di paura, per esempio?
Basta, quante domande.
Go, go, go! che so che ti è venuta fame.

Non c’è bisogno di mangiare i surgelati, dai, ora cuciniamo.
Oggi prepariamo delle tagliatelle con la farina di castagne e le condiamo con salsiccia e zucca.
Una cosa che devi sapere sulla farina di castagne: è tanto buona quanto morbida. Quindi non puoi pensare di usare solo quella per creare la tua pasta. Verrebbe una pappetta troppo molle. Io ho provato a creare degli gnocchi di patate in quella maniera e si potevano mangiare, però secondo me facevano anche schifo, a pensarci benissimo.
Quindi non cambiare le dosi, che poi fai come Padre Maronno.
Per preparare le tagliatelle con farina di castagne, per due persone, hai bisogno di:
- 2 uova, a temperatura ambiente;
- 50 grammi di farina di castagne;
- 150 grammi di farina di semola.
Per condire le tagliatelle, sempre per un pasto per due persone, hai bisogno di:
- 10 grammi d’olio;
- mezza cipolla rossa;
- 300 grammi di salsiccia (massimo)
- 200 grammi di zucca;
- poco peperoncino, sale e pepe;
- una cinquantina di grammi di provolone del monaco da aggiungere su piatti. Va benissimo anche un parmigiano reggiano o un pecorino toscano semi stagionato. Ma il provolone del monaco ci sta meglio.
Mi rifiuto di scrivere tutto il procedimento per le tagliatelle, poiché sarebbe una ripetizione. Sono identiche a quelle al cacao o a quelle classiche.
Alla fine è elementare: in una ciotola mescoli le due farine, in un’altra rompi le uova una per una e le sbatti leggermente. Unisci il tutto e impasti per dieci minuti, fino ad ottenere una palla liscia ed omogenea.

Non ha bisogno di riposo, quindi puoi creare subito tue tagliatelle (ho notato che se la lasci riposare tende a indurirsi un po’). Stendi con la macchina della pasta, a mano… come sei abituata.
Lavora sempre su un piano infarinato e lavati le mani con la farina, pure.
Alla fine otterrai queste belle cose, che devi tenere ben lontane dalla cucina perché il calore le farebbe appiccicare tra loro:

Fatto questo, prepariamo il sugo.
Metti l’acqua della pasta a bollire, anche.
In una padella fai scaldare i 10 grammi d’olio e comincia a far soffriggere, a fiamma medio bassa, la cipolla rossa tritata.

Mentre si compie quest’operazione, occupiamoci della salsiccia (ma ogni tanto gira la cipolla).
Togli il budello.

Tagliala a pezzetti.
Appena la cipolla è abbastanza morbida (meno di dieci minuti sono sufficienti) caccia dentro anche la salsiccia.

Usa una fiamma medio alta per cuocere la salsiccia ed ogni tanto girala. Nella prima fase non sarai costretta a starle molto dietro, perché caccerà fuori acqua e grasso.
Hai dunque tutto il tempo del mondo per levare la buccia alla zucca e tagliarla a dadini. Dadini piuttosto piccoli.
Aggiungila subito in padella, insieme ad un po’ di peperoncino.

Fai andare il condimento per una ventina di minuti, con fiamma sempre bella alta: ma i tempi sono un po’ random. Dipende dalla salsiccia e dipende dalla zucca. Tutto il liquido cacciato dalla salsiccia deve evaporare e la salsiccia deve colorarsi molto bene (anche bruciacchiarsi un po’, se lo desideri). La zucca se rimane intera bene, se si spappola bene lo stesso.
In questo tempo ricordati di grattugiare il provolone, con dei buchi medi della grattugia (non a polvere, non a scaglie).
Ecco cosa dovresti cercare di raggiungere:

Assaggia, aggiusta di sale e se vuoi aggiungi anche il pepe. Spegni il tutto, riaccendi solo quando cali la pasta.
Sala l’acqua della pasta, riporta a bollore e cacciaci dentro le tagliatelle.
Conta fino a 30 secondi, poi scolala. Sì, è già pronta.
Cacciala in padella e falla saltare a fiamma alta, giusto il tempo di amalgamare gli ingredienti.

Prepara le porzioni e cospargi ogni piatto con del provolone del monaco.
Ecco cosa dovresti avere davanti a te:

Ciao e buon appetito!