Prendiamo ad esempio il mio percorso scolastico.
Ho dormito tanto e bene, quindi ho voglia di scrivere.
Sospetto che sia stata un po’ anche l’influenza di Ermanno, perché Ermanno mica ci credeva, al percorso scolastico.
Conoscevo a memoria quel discorso lì, quello del rifiuto delle regole, del percorso canonico, dell’essere come tutti gli altri.
Ermanno aveva 70 anni, io 12 o 13 e le mie giornate erano tutte in attesa di poter stare con lui, in biblioteca, a leggere e studiare. Bibliotecario del paese, nessuno se lo cagava; tipa strana del paese, nessuno mi cagava: una combo esplosiva.
Mi ha spinto a scrivere, è stato il primo ed unico lettore dei miei racconti dell’epoca. Eh, ma perché muoiono tutti? Eh, che ne so Ermanno. Muoiono. Eh, ma perché dici sempre che palle? Eh, chenneso, peròcheppalle.
Stamattina ho la testa che mi scoppia per le robe che vorrei scrivere. Senza esserne capace.
Non ho un titolo di studio.
Non ho la patente.
Non mi sposerò mai.
Non ho avuto mai un lavoro fisso.
Non ho nulla di intestato.
Io non esisto.
Ed è più che una scelta precisa, più di uno stile di vita deciso: io ho il terrore delle cose DEFINITIVE. Degli esami, dell’ufficialità, di quel passo che ti fa entrare nella vita adulta.
No. Anche il mio corpo e la mia faccia si rifiutano di dimostrare la mia vera età.
Prendiamo ad esempio il mio percorso scolastico, dicevo. Scappo di casa a 18 anni, quindi ok, niente diploma. Però poi m’iscrivo al serale. Per tre volte. E per TRE VOLTE mi ritiro un mese prima dell’esame di maturità.
Ho guardato dall’altra parte, ho fatto finta di non accorgermene, ma mi conosco, lo so. Io non voglio crescere. Tendo ad esistere in questo limbo in cui non ho responsabilità se non quella di tenermi in vita e la cosa può essere analizzata in tanti modi. Io me la sono sempre raccontata così: si muore, prima o poi. Quindi non studiononlavorononguardolatvnonvadoalcinemanonfacciosport perché tanto non serve ad un cazzo. Siamo cibo per i vermi, io non costruisco, io non demolisco. Io sto qui e basta.
Ho capito, ho capito. Tra poco si parla di cibo, ho quasi finito di cagare il cazzo.
Ed è secondo me molto vero, di fondo c’è soprattutto questo. Ultimamente però (e per ultimamente intendo negli ultimi 15 anni, quindi tipo metà della mia esistenza) mi domando se ci sia dell’altro. Mi domando se in realtà non ci sia il rifiuto di assumersi la responsabilità di qualcosa, se non ci sia una non voglia di trasformarmi in qualcuno che non sia la me di 12 anni. O 16, proprio ad esagerare.
Ermanno ha vissuto tutta la vita così, però.
Oggi tutti ripetono quanto fosse una brava persona, così intelligente, così eccentrico, così ERMANNO. All’epoca però nessuno se lo inculava, parlava quasi da solo e nessuno lo capiva.
Mi ricordo quella volta che sono andata a casa sua. Una volta sola, una sera, non ricordo manco più perché… mi pare per un libro, boh.
Quella casa è la casa che avrei io, oggi, se vivessi sola. Tutta una polvere. Tutto PALTA. Perché viveva nel passato, la vita si era fermata quando lei è morta. Apparecchiava per due, mangiava da solo. E quella casa si era fermata a quel tempo là.
C’è di peggio, lui ha apparecchiato per 10. Le manie di grandezza.
Qualche anno fa mi sono ritrovata in una situazione abbastanza pericolosa. Non avevo costruito niente, mi sono ritrovata senza appoggi e non sapevo che avrei fatto del mio presente.
Poi tutto si è risolto. Diciamo che Qualcuno è venuto a salvarmi. Che fa molto Divina Provvidenza Manzoniana.
Non era la prima volta che succedeva, ma quella è stata la PRIMA davvero critica.
Sono passati quasi dieci anni ed uno penserebbe che forse ho imparato qualcosa, da quell’evento che si stava per trasformare in tragedia.
No: ASSOLUTAMENTE NO.
Ti stai appassionando, eh? Immagino…
Vivo sempre nel mio limbo, vivo sempre senza costruire, vivo sempre pensando che l’oggi rimarrà per sempre. Anzi, l’oggi rimarrà finché non rimarrà più, poi ci si pensa. C’è sempre tempo per pensarci, mi ripeto.
E mangiafuoco, il gatto e la volpe, la galera, la balena, il paese dei balocchi, il pescatore. Penso spesso ai casini di Pinocchio che però mica impara un cazzo: piange, qualcuno lo salva, si ricomincia da capo.
Questo era il parallelo che ho sempre fatto.
Poi ieri sento RickDuFer parlare del fanciullino di Pascoli, del non prendersi le responsabilità e dell’importanza di farlo perché presto o tardi – che tu lo voglia o meno – bisognerà fare i conti con la passività, l’inerzia.
Mi è piaciuto così tanto che ho trascritto tutta la parte finale. Te la passo, magari illumina anche te.
Lo so, pensavi di seguire una foodblogger. Invece.
“Il fanciullino è un’illusione pericolosa.
Se noi pensiamo che quel rifugio sia la risposta, la soluzione, abbiamo sbagliato tutto e rischiamo di farci un sacco male. Perché ad un certo punto il connubio isolamento-benessere vedrà la continuazione dell’isolamento e l’erosione del benessere.
E a quel punto lì detesteremo il fanciullino che ci troveremo di fronte, perché pregheremo di aver trovato una dimensione più adulta e matura che ci tiri fuori dai casini in cui ci siamo cacciati con la nostra inerzia.
Il fanciullino è un’illusione che ci convince che qualcuno verrà a salvarci.
No.
Nessuno.
Verrà.
A salvarci.
Siamo responsabili di ciò che diventiamo.”
L’omelia del giorno è finita.
Scambiatevi un segno di pace e parliamo di zuppa di fagioli.
Sempre Luca Pappagallo, sempre che non mi invento un cazzo.
Go, go, go!
Per preparare una zuppa di fagioli o per una zuppa di ceci, per due persone, hai bisogno di:
- 200 grammi di fagioli cannellini secchi. Oppure di ceci.
- sedano;
- una carota;
- abbondante prezzemolo per i fagioli; rosmarino secco per i ceci:
- 4 foglie di alloro;
- 200 grammi scarsi di pomodori;
- 2 spicchi d’aglio;
- 20 grammi d’olio;
- sale e pepe;
- pane.
- Alternativa: invece del pane puoi sempre fare una minestina. Scegli un formato di pasta PICCOLO, da minestra, tipo TUBETTI (no stelline e cagate varie). 200 grammi.
Per la variante con la pasta ecco direttamente il video:
Puoi fare questa ricetta sia coi fagioli che coi ceci. Cambia praticamente nulla, a parte il fatto che metti il rosmarino se fai i ceci, il prezzemolo se fai i fagioli. Basta.
I fagioli li devi mettere a bagno per il tempo indicato sulla confezione. Poi li sciacqui bene.
Prepara una pentola di acqua calda.
Trita il prezzemolo e l’aglio finemente, magari usando il mixer.
Taglia a pezzotti i pomodori.
Con un pelapatate togli la parte esterna del sedano, poi taglia a pezzi pure lui.
Versa 20 grammi d’olio in una pentola, caccia dentro il trito d’aglio e prezzemolo ed il sedano tagliato a pezzetti. Fai soffriggere.
Aggiungi i fagioli ed i pomodori. Fai insaporire per un minuto o due.
Ricopri col brodo, senza esagerare più di tanto. Fai che l’acqua superi i fagioli di un dito o due.
Fai andare a fiamma bassa (una fiamma che permetta il sobbollore) fino a quando i fagioli sono pronti ma comunque almeno per 40 minuti.
I fagioli che compro io, nonostante ci sia scritto che han bisogno di sei secoli e mezzo per cuocere, di solito in 20 minuti son pronti. Ma in questo caso li ho fatti andare di più, per avere una zuppa un po’ più saporita (che sennò sembra minestrina delle suore dell’asilo, diamo il tempo agli ingredienti di conoscersi meglio).
Nel caso l’acqua evaporasse troppo, aggiungine in corso d’opera.
Verso la fine assaggia ed aggiungi il sale ed il pepe.
Alla fine valuta tu quanto brodosa la vuoi e non ti far problemi se a fine cottura fosse troppo asciutta: aggiungi acqua, nessuno ti vede, nel buio della tua cucina.
Se è troppo brodosa, invece, ti attacchi al cazzo.
Mentre attendi la zuppa, occupati del pane.
Accendi il forno a 200 gradi, taglia il pane a fette e fallo crostinare. Il tempo non è fisso, dipende dal pane, da quanto lo vuoi abbronzato e dalla Madonna. Una decina di minuti indicativi, a volte di più, a volte di meno.
Ed ora prepara le porzioni.
Zuppa nella ciotola, cospargi di pepe ed aggiungi un filo d’olio a crudo.
Fetta di pane e via, abbiam finito.
Della versione coi ceci non ho foto, ma ho il video. Ciao e buon appetito!
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