Farfalle con crema di salmone e rucola

Il problema di certi problemi è che non li ritieni tali perché per te sono una roba normale.
Ma partiamo dal principio.

#dwedit from toss a coin to your bitcher

Mi piace l’entusiasmo.

Tipo a quando andavo a scuola, a quando mi chiamavano Alicio. Il fatto che i miei compagni di classe trovassero molto divertente storpiare il mio nome perché, a detta loro, somigliavo ad un maschio era sinceramente l’ultima delle cose. Non me ne è mai fregato un cazzo di appartenere al gruppo dei ritardati mentali e gente che cerca di bullizzarti senza neppure possedere un linguaggio adeguato (uno che possa DAVVERO ferirti) per me era più simile ad un branco di scimmie che ad un ammasso di esseri umani prepotenti.

Da qui il mio atteggiamento arrogante, credo.

I miei casini di personalità arrivavano più da casa. Esempio. Non mi era permesso giocare a calcio perché era un da maschi e a carnevale non mi era permesso vestirmi da Hulk Hogan ma solo da principessa.

#Verka Serduchka from Love, Love, Peace, Peace.

Oggi mi vestirei da kaiju o da scimmia, che poi è la stessa cosa.

Ricordo un natale (avrò avuto dieci anni?) in cui si sono impuntati e mi hanno regalato delle Barbie. Per fortuna qualcuno aveva avuto la pensata di farmi trovare anche un flipper portatile. Della Barbie non ho alcun ricordo, quel flipper invece l’ho consumato, ci ho giocato per ANNI.

In adolescenza, a furia di sentirsi trattare da femmina che si crede maschio, ero del tutto sfasata. Il mio periodo di ribellione non l’ho passato a drogarmi, ma a dire a tutti di essere lesbica. Forse non lo ero – e forse non lo sono – però il divertimento di quel giorno in cui mi sono alzata in classe ed ho dichiarato a tutti che ero gay me lo ricordo ancora. Il branco di mentecatti era destabilizzato.
In seguito sono arrivate le telefonate notturne. Quelle in cui sconosciuti chiedevano ai miei genitori se ero frocia. FROCIA, sì, parola che arriva dalla stessa padronanza di linguaggio di coloro che aveva inventato la brillante ALICIO.
Che arguzia, in quei trogloditi.

Comunque, la mia vita è proseguita: ho cambiato città e di deficienti ne ho incontrati tanti. Ho fatto slalom tra giudizi e prepotenze, ho creato Alice come voleva essere, alla fine ho imparato a sbattermene le balle più o meno di tutto.

Tumblr: Image

Gif che vuole rappresentare me che supero gli ostacoli della vita.

Solo che.
Pochi giorni fa Barbaroffa esce con questo video sul linguaggio inclusivo legato ai problemi del genere sessuale. Ed io lì ad alzare gli occhi al cielo: oh madonna, ma seriamente?
Poi ci ho riflettuto.
Ho osservato col microscopio i motivi per cui mi incazzo ogni fottuto giorno.

#Transformers from AeonMagnus

C’ho rabbia.

E quello che mi chiama Signora dicendo che una Signora – appunto – non può dire parolacce.
L’imbecille che mi chiede perché non mi trucco.
Quello che dice che le donne devono avere tutte i capelli lunghi.
Quelli che se sentono una voce fuori campo nelle mie storie Instagram e quella voce è maschile, allora quello deve essere MIO MARITO.

Se ci pensiamo bene – ed i miei monologhi casalinghi sono quasi sempre direzionati là – dal modo di parlare deriva il modo di pensare (o viceversa? Poco importa, i dilemmi da uovo e gallina sono puramente dialettici).
Sei maschio e da bambino ti riempiono di macchinine, di palle dal calcio. Da grande devi portare sulle spalle i cliché dell’Uomo: sentimenti pochi e nulli, un lavoro stabile e di successo (altrimenti sei un fallito), una responsabilità verso una famiglia che DEVI volere perché il mondo va così. Riuscire in questa task da famiglia di Mulino Bianco però produttiva è il compito primario dell’uomo bianco colonizzatore. Che col cazzo che non è sfruttato o collocato da qualche parte. La cultura machista di cui è impregnato non lo rappresenta, semmai lo schiaccia.

Se sei donna, da piccola devi essere già una casalinga frustrata. Bambole, barbie, passeggini, finte cucine.

#barbie farting in the pool from CONTAC

Rovina generazioni di bambine e lei si rilassa.

Giochi a fare la mamma, giochi a moglie e marito. Alle feste di compleanno i maschi sono in cortile a calciare il pallone, le femmine in casa tra foglietti rosa profumati a parlare di matrimoni, ciclo mestruale, figli. Che manco in un romanzo di Louisa May Alcott.
Da grande sarai donna solo se fai un figlio e se non lo farai prima o poi ti guarderanno con dispiacere, perché non hai avuto la fortuna (questo a me è risparmiato, più che altro perché pare io viva una situazione alla Dorian Gray e quindi non dimostro mai gli anni che ho… quando se ne accorgeranno, sarà troppo tardi). Molte frequentano le università solo per trovare un marito socialmente più rilevante (che roba, Contessa!), tutte segnano come giorno più bello della vita il matrimonio e quasi tutte svaccano dopo quella data perché tanto ormai non serve più essere giovani e belle.

#guns and knives from CONTAC

E quando vogliono rappresentare delle donne emancipate, le fanno “con le palle”, cioè una versione rovesciata del maschio di cui sopra.

Sto etichettando? Sto generalizzando?
Grazie al cazzo.
Ma è valido per la stragrande maggioranza della gente che ho avuto la (s)fortuna di osservare, quindi proseguiamo.

Non c’è giorno che io non mi incazzi perché qualcuno presume qualcosa di me. Che sono sposata, che sono una signora, che ho figli, che non devo fare questo in quanto femmina, che sono lesbica perché mi vesto da uomo (che significa un cazzo, ma poracci loro).

#dcedit from O Captain! My Captain!

Difendersi da certi attacchi, ogni giorno, può essere snervante.

Così mi rendo conto di essere dalla parte di quelli che sono proprio stanchi del linguaggio. Il linguaggio è un riflesso di un modo di pensare più ampio che se non esistesse più porterebbe finalmente ad una rivoluzione culturale ESAGERATA.
In effetti 2 sono i punti del mondo che vorrei: una rivoluzione in campo economico ed un una in quella sociale. Tuttavia se prima non cambia il modo in cui vediamo noi stessi e pure gli altri, se continuiamo a trincerarci in una struttura sociale che abbiamo ereditato dalle generazioni precedenti, non è che ci sia molto spazio per muoversi.
Le donne saranno sempre e solo delle madri, mogli, nonne, nuore, suocere.

#filmgifs from happy again

Lo so, impensabile.

Gli uomini saranno sempre quelli che devono portare avanti un ruolo di sicurezza e mutismo (e rassegnazione) senza trovare una propria identità.
Donne e uomini non esistono non perché non ci siano le differenze, ma perché queste differenze non sono state mai valorizzate, mai spinte ad uscire. Le differenze che vediamo sono di struttura, non di umanità. Non ci appartengono, sono solo vestiti che indossiamo perché ci han detto che così è e così sarà.

#dan stevens from sir;

Un po’ il suo problema.

E non apro neppure il discorso sessualità, poiché credo che etichettarsi in quell’ambito sia ancora più sciocco. Ognuno dovrebbe essere come desidera, senza per forza doverlo spiegare al mondo. Già non riusciamo a spiegarci a noi stessi, figurarsi se possiamo fornire un libretto d’istruzione per l’esterno.

Il problema di molti problemi è che non ci rendiamo conto che siano tali perché siamo abituati.
Io voglio disabituarmi a questa rabbia, voglio che non esista più.

Image from Horror/Sci-fi Fan

In certi periodi sono fortemente stressata.

Se per vivere nel mondo si è costretti ad isolarsi, come ho fatto io, quel mondo ha dei grossi problemi.
La cosa buffa è che ho sempre pensato che non avrei mai visto un cambiamento durante il mio ciclo vitale eppure il mondo del 2020 (che fa cagare, certo), fa meno cagare di quello del 1997.

Voglio dire, lo stupro era legale, nel 1995. Vogliamo parlarne?
Il delitto d’onore non è stato più giuridicamente accettato nel 1981. Vogliamo parlarne?

No, non ne vogliamo parlare. Ci limitiamo a stupirci. Io nel 1996 avevo 14 anni. Mi vien da bestemmiare, se ci penso.

Ma non bestemmio, perché ho scritto tanto e quindi è tempo di ricetta: una stupida pasta salmone e ricotta, da prepararsi in 5 minuti netti e perfetta per questo periodo in cui nessuno ha voglia di cucinare una ceppa.

Go, go, go!

#userstream from hollywoods

In cucina con entusiasmo

Per preparare delle farfalle con crema di salmone e rucola, per due persone, hai bisogno di:

  • 180 grammi di farfalle;
  • 200 grammi di salmone affumicato;
  • 250 grammi di ricotta (di bufala o quella che vuoi);
  • 60 grammi di rucola, circa. Forse ne vorrai di più, forse ne vorrai di meno.

Come dicevo, lavoro zero: quindi metti l’acqua della pasta a bollire.
Tagliuzza con le forbici la rucola.

Con un coltello taglia pure il salmone, in pezzetti più piccoli che puoi.

In una ciotola in cui potrà starci pure la pasta, metti salmone e ricotta.

Mescola bene tutto.
Se è troppo solida aggiungi POCA acqua della pasta. Meglio andarci piano, perché se diventa troppo liquida poi non si torna più indietro.

Scola la pasta, non buttare la sua acqua.

Gettala nella ciotola, mescola bene. Se occorre bagna con un po’ di acqua, per ammorbidire tutto.
Una volta raggiunta la consistenza voluta, metti anche la rucola

Prepara le porzioni, aggiungi la rucola rimasta e davanti a te avrai una roba difficile da fotografare, ma tanto buona da mangiare:

Ciao e buon appetito!

2 pensieri su “Farfalle con crema di salmone e rucola

  1. Sono venuto per la ricetta, sono rimasto per la tua storia.
    Mi dispiace per le botte immeritate che ti sei presa durante la tua infanzia e l’adolescenza-almeno ti hanno portato dove sei ora: con un blog fantastico e sbrindellato su cucina e riflessioni. Continua così! Barbaroffa

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