Panino con mozzarella di bufala, pomodori secchi e paté di olive (+ Lars Von Trier ti odio)

Sono ancora sconvolta. Talmente incazzata che se quello stronzo di Lars Von Trier si presentasse qui a casa non so proprio se riuscirei a controllarmi.

Scatterebbe la violenza triste.

C’avevo veramente creduto per quasi due ore.
Due ore perfette, a cui non avrei tolto né aggiunto niente. Tipo che sei lì e sei contento perché quella roba l’avresti voluta girare tu e sei quasi FELICE, perché non ne sta sbagliando una.
Una trollata di quelle che Lars Von Trier aveva preparato nei minimi dettagli. Perché la presa per il culo di intellettuali e sinistroidi va perpetrata con stile.

E con le facce giuste.

Cerco di andare con ordine, ma la solita premessa: se non hai visto The House that Jack Built non leggere il post e vai alla ricetta del panino.
Altrimenti stai qui e soffri con me (o ridi, se sei tra quelli che danno al regista del nazista misogino).

Lars Von Trier è uno dei pochi autori che seguo e con cui ho un rapporto molto intimo. Non è che io pensi di capire le sue opere, perché tanto le opere poi appartengono a chi ne fruisce tanto quanto all’autore stesso: l’autore ci mette quel che desidera, lo spettatore ci vede quel che desidera.
Io in Lars Von Trier vedo il totale schifo per l’umanità. L’umanità è cattiva ed orrenda a guardarsi e solo un minorato mentale ha il grado di intelligenza giusto per essere buono. Ma se è buono, poi se la deve vedere coi normocervelli e i normocervelli sono, per loro natura, cattivi ed orrendi… quindi sai che vita di merda.

Tipo la storia di questa poveraccia.

Dopo avermi fatto schifare il corpo umano per più di 4 ore con il suo Nymphomaniac (peli e corpi schifidi e umidità che non avrei mai voluto guardare, ma da cui era impossibile distogliere lo sguardo) pensavo avessimo raggiunto il massimo del fastidio per l’essere umano.
Invece lui si butta sul livello successivo: il serial killer.
Non il serial killer romanzato, quasi romantico e vagamente attraente che han mostrato quasi tutti nei film. Dimenticati Hannibal, Perkins e tutti quelli lì di cui poi uno si compra la maglietta perché, in fondo, sono troppo esagerati per essere reali.

Jack non ha niente di simpatico o di anche solo lontanamente apprezzabile. È un uomo di merda che compie azioni incomprensibili e violente, si diverte a fare ciò che fa e trova modi sempre più creativi per soddisfare il suo bisogno di orrore.
Perché Jack è un grande artista, a suo modo.

Ma poi tu non l’ammazzeresti una che fa ‘ste facce da stronza?

Ci domandiamo da sempre cosa sia l’arte e cosa renda un uomo un artista e siamo un po’ tutti abituati a collegare l’urgenza dell’arte come l’esternazione del bello che si nasconde dentro di noi. L’opera è migliore dell’uomo che l’ha prodotta perché racchiude le parti più ricercate del nostro Io. Ed è anche uno dei tanti motivi per cui bisognerebbe sempre dividere l’uomo dal suo operato, poiché l’uomo delude, le sue creazioni no.
Il bignamino perfetto delle classiche conversazioni filosofiche da ABC sull’uomo ed il cosmo che vive dentro di lui.

Ma se la riflessione non finisse qui?

Se l’arte è ciò che sconvolge, distrugge, rimane, ci stupisce, ci crea orrore e ci travolge, non è forse arte anche quella di un assassino?

Perché sono un grande artista, baby.

C’è una certa differenza tra l’azione dell’uccidere e l’uccidere con stile. Il creare un contesto nella morte e con la morte è cruciale per elevarsi ad artista. Jack, per esempio, fotografa le sue vittime, ci gioca e non è mai soddisfatto: come creare qualcosa di importante con la morte davanti a sé? Non si sente mai soddisfatto sia nel suo desiderio di uccidere (che diventa, anzi, più forte ad ogni omicidio) sia nel suo desiderio di arte (che si accentua ad ogni foto scattata). Come lo scrittore si sente uguale a se stesso se non trova una strada diversa che motivi ogni sua riga, così Jack.

Le dita di un pianista sono poi tanto diverse da quelle di un assassino?

Ma c’è di più.
Adolf Hitler, in fondo, non è stato uno dei più grandi artisti di questo secolo?
La sua opera non sconvolge, devasta, terrorizza, stupisce ancor oggi? Non è un cadavere in bianco e nero a colpire la nostra mente, ma una miriade di cadaveri, sempre in bianco e nero, sempre ben immortalati… beh, quelli sì.
E non è arte il saper catturare la morte in un’immagine? E quando le immagini diventano cento, quanto un intero evento e periodo storico diventano orrore puro ben raffigurato, non siamo forse di fronte al capolavoro dei capolavori?

Adesso wordpress mi banna.

Lars von Trier ci mette quasi due ore, ma finalmente esce allo scoperto e dice esattamente questo.
È ininfluente che io sia o meno d’accordo: è un pensiero potente, che fa azionare tutte le sinapsi che hai in testa. Facile rifiutare e basta. Quando si usano le stesse citazioni ed immagini che la parte del bene usa da sempre per giustificare l’arte costruttiva e positiva dell’uomo e le si portano per dimostrare che anche il male (se esiste) può essere arte, il discorso comincia a diventare fin troppo ben costruito per ripudiarlo senza neppure prenderlo in considerazione.

Discorso irrazionale e manipolatore, certo.

Lars von Trier impiega quasi due ore a farci arrivare lì. Senza mai lesinare il lol: ti mostra immagini in bianco e nero su argomenti tutto sommato non tanto tragici, ci caccia della musica classica e poi conclude riassumendo il tutto con una parola in tedesco.
Tu ti sei indignato per un argomento tutto sommato non tanto tragico e lui ti mostra, ridendo, che le tue reazioni sono state pilotate da un linguaggio usato da ormai un secolo dalla stampa e dalla televisione per creare proprio l’indignazione.
Tutto, in bianco e nero e con la giusta musica, magari corredata da una didascalia con parole tedesche, riporta al nazismo. Tutto sembra più terribile di quel che è, pure se stiamo parlando di un circolo di bocce o del compleanno di mia nonna.

Poi Lars von Trier, negli ultimi dieci minuti, sputtana tutto il lavoro da Pazuzu e niente, fanculo, le bestemmie e le parolacce sono le uniche cose che riesco a scrivere.

Mi domando questo da quella visione. Ed ormai sono tre giorni.

Gli ultimi dieci minuti sono una monnezza visiva e concettuale da cui non mi riprenderò più. Non sono tra quelli che divide i film e la vita in Capolavoro o Merda, ma quella roba è così imperdonabile, così inutilmente didascalica, così cretina, così poco spirituale, così troppo spirituale, così UNA CHIAVICA che a me viene solo da dire porcodio.

Perché poteva essere il mio film della vita. Lo era stato fino a dieci minuti dalla fine. Quei film che segnano un prima ed un dopo nell’esistenza del Kaiju.
Invece un cazzo.

Risultati immagini per The House That Jack Built

No, non lo è.

Ora riempiamoci la panza con un panino che tutto questo nervoso mi ha fatto alzare il metabolismo.

Questo panino nasce da un esperimento su Instagram, dove i Cari Amici Followers hanno potuto decidere un mio pranzo. Mi hanno proposto diverse cose, alcune papabili, altre troppo classiche, altre introvabili… ed alla fine ho scelto questo paninazzo.
Tanto buono quanto di lusso, visto che tra pomodori secchi e mozzarella di bufala avrò speso almeno 15mila lire del vecchio conio (forse 20). Però era buonissimo e quinti te lo propongo.

Go, go, go!

Le foto saranno brutte, ma il panino non sarà così orrendo, promesso.

Per preparare un panino con mozzarella, pomodori secchi e patè di olive hai bisogno di:

  • un panino. Ho usato una rosetta;
  • 30 grammi di paté di olive nere. Io l’ho comprato, nulla ti vieta di produrlo in casa ma non vedo perché dovresti;
  • 100 grammi di mozzarella di bufala;
  • 4 pomodori secchi.

Taglia il panino in due e togli la mollica (se ti fa cagare quanto fa cagare a me).
Su una fetta spalma 30 grammi di paté di olive nere.

Taglia con le forbici i pomodorini secchi e adagiali sulla fetta di pane.

Taglia poi a rondelle la mozzarella e metti pure lei sul pane.

Infine chiudi il panino. E dovresti avere una roba del genere davanti a te, pronta per essere sbranata:

Secondo me ottimo. Una contrapposizione di sapori che levati.

Ciao e buon appetito!

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