Sandwich Dovahkiin collezione inverno (featuring Il costume rotto di Morales e Wakanda Forever!).

Prima di iniziare l’interessantissimo monologo di oggi, partiamo con un riassunto piuttosto esaustivo del mio punto di vista:

Si può dire, sì?

Morales indossa il costume da Spider-man e tre pagine dopo, praticamente in ogni numero, ecco che il costume si spacca e si vede la pelle. Ed io lì, da brava deficiente, a pensare Ecco, identità segreta compromessa. Sì perché – e lo scrivo perché  magari c’è qualcuno che non ne è al corrente – Morales è nero.

Il mio è stato un istinto da cretino bianco colonizzatore, come se in America ci fossero circa 10 neri e quindi TAAAC, subito veniamo a suonarti il campanello di casa.

Se ha il costume intatto è senz’altro un costume indossato da un bianco.

Ecco. In quel momento lì mi sono resa conto non solo di quanto il mio punto di vista fosse deviato – nella reazione istintiva – da un modo di pensare BiancoCentrico, ma soprattutto di quanto fosse importante un’opera pop come quella di Miles Morales: Ultimate Spider-Man .
Se però l’unico punto di forza dell’UomoRagno colorato fosse – appunto –  il suo essere un negro, allora saremmo punto a capo.

La reazione di chi non sentiva la parola NEGRO dagli anni ’90 ed ora si sente meglio.

Così come non sono (solo) le parole a definire il razzismo, non lo è manco il colorare un personaggio noto, se non scrivi qualcosa intorno. O fargli cambiare il sesso, altro espediente ridicolo.

E Morales funziona sotto ogni punto di vista: hanno costruito un bel personaggio, con l’intuizione di abbassargli anche l’età (è praticamente un bambino) ed è pure ben disegnato, che non guasta.

Ma è un caso. Tendenzialmente il cambio di colore e di sesso sono solo questioni simboliche, utili soltanto a fare incazzare i fan più integralisti e che dovrebbero fare incazzare pure le cosiddette minoranze, che si beccano il contentino.

Mi spiego meglio? Mi spiego meglio.

Dai, ascolta il punto di vista di un cretino, per una volta.

Innanzitutto avrei da ridire sul termine minoranza: le donne sono una minoranza? I neri – soprattutto negli Stati Uniti – sono davvero una minoranza? E insieme le due minoranze, non rappresentano senz’altro ben più della metà della popolazione statunitense? E parlo di quella statunitense perché fumetti e cinema da lì arrivano, almeno nella loro rappresentazione più popolare.

A parte questo, poi, eravamo forse contenti quando inserivamo il negro nel film e questo moriva per primo e bon, possiamo continuare a fare il film, che la nostra parte pro uguaglianza l’abbiamo fatta e quindi possiamo proseguire?
The Walking Dead è stato speciale, da quel punto di vista, per molto tempo: entrava un attore di colore, stava lì un po’, moriva, ed ecco che magicamente entrava un altro personaggio di colore. Le quote negre, nella loro rappresentazione più palese.

Poi le cose, negli anni, si sono evolute. La minoranza è diventata quella araba ed ai negri han dato il diritto di tenere gli animali. A patto che puliscano gli escrementi lasciati in giro.

E prendiamo un altro esempio che ha sfracassato le palle ai più: le ghostbusters donne. Tutti a urlare, infoiarsi, riempire il web di polemica.
Il problema delle ghostbusters donne non è il cast femminile: il problema è che oltre al cambio di sesso non c’è altro. Non una storia, non una battuta, non un’intuizione. Un film che ha basato tutta la sua campagna pubblicitaria e la sua esistenza solo ed esclusivamente sullo sguaiatissimo ABBIAMO DELLE DONNE PROTAGONISTE NEL FILM!
Nel 2016, che dai, per favore.

Ma infatti, cristo dio.

Per fortuna esiste la Marvel. Ed oltre all’ottimo Morales hanno creato Pantera Nera.

Pantera Nera aveva due vantaggi: i fumetti facevano tutti cagare (a parte quelli di Kirby, che però erano Black Panther nel mondo della droga) ed il personaggio di partenza era già nero. Che non guasta.
Chi potevano fare incazzare? A me non viene in mente nessuno.

Sono tra quelli che detestavano i film della Marvel, pur avendoli visti tutti. Ero già pronta a lanciar bestemmie contro lo schermo. Certo, non è che potessero fare peggio della rappresentazione scandalosa di Ego: il fondo lo avevamo toccato. Però non si sa mai.

Invece mi ritrovo, mesi di distanza, a urlare WAKANDA FOREVER! con convinzione e patriottismo.

Esaltazione.

In Black Panther due sono i punti che ho apprezzato di più:

  • non si nasconde dietro ad un revisionismo spicciolo l’esistenza della schiavitù. Nei film gettonati (pure quelli didattici, che è più grave) sulla storia del razzismo in America, tutto è così edulcorato che io mi vergogno sempre e sfanculo la visione. Il cattivo – che poi tanto cattivo non è, è che lo disegnano così – è colmo di rabbia per ciò che l’impero dell’Uomo Bianco ha fatto subire a lui e a quelli come lui. E con ragione, in fin dei conti;
  • l’uomo bianco, pur con queste premesse, non è il nemico assoluto. Non siamo di fronte al classico film di Spike Lee: diretto da un nero, pensato per i neri e se sei bianco e ti piace inutile che fai, tanto sei un razzista di merda lo stesso. Black Panther è un film che include, non che esclude. Tramite il Wakanda si cerca una collaborazione, se non un territorio comune (perché il Wakanda è indipendente). Quindi abbiamo sì l’Impero dell’Uomo Bianco (che esiste ed è inutile che ci scandalizziamo), ma abbiamo pure Martin Freeman: che è bianchissimo, amichevole e pure utile per la causa. Insomma, non passiamo due ore e mezza a vergognarci di essere bianchi che più bianchi non si può. Che è un punto di vista importantissimo.

Uomo bianco vestito di bianco e con linguaggio da bianco.

Questo è creare un prodotto pop che funziona: ingegnarsi e costruire situazioni, personaggi e dialoghi pensati per essere qualcosa di più di un misero spot pubblicitario sulla fratellanza (che allora bastavano i  Ringo Boys).
Per la prima volta ho avuto l’impressione di vedere un prodotto cinematografico pensato proprio per un pubblico diverso: i ragazzini di colore, senza trattarli come degli Yo! Yo! NIGGER!

Black Prune.

Io, se fossi un ragazzino-bambino afroamericano del 2018 (quasi 2019), avrei la tazza di Pantera Nera, la maglietta di Pantera Nera, lo zainetto di Pantera Nera, il costume di Pantera Nera.
E questo è tutto quello che ho da dire su questo argomento.

Finito.

Ora che abbiamo consumato tutti i neuroni disponibili con questa lettura interessantissimissima, andiamo a mangiare che è venuta fame pure a mia nonna.

Mia nonna si prepara un panino. Sì, mia nonna assomiglia a He-man.

Non so se ricordi il sandwich Dovahkiin di luglio (mi preoccuperei se mi rispondessi di sì). Si trattava di un panino con il salmone affumicato, in cui dentro c’erano delle prugne strane e la ricotta di pecora.
Forse nel resto del mondo è diverso, ma il Cilento non vende ricotta di pecora se dei turisti non passano di qui. E le prugne non sono di stagione. Tuttavia il panino era davvero buono, quindi ho preparato la versione invernale perché non ce la facevo ad aspettare fino a luglio prossimo: era buono, quindi merita di comparire nel menù di Pizzakaiju.
Go, go, go!

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Appropriata.

Per preparare un Sandwich Dovahkiin collezione inverno hai bisogno di:

  • 2 fette di pane bianco;
  • 4-5 prugne secche;
  • 50 grammi di salmone affumicato;
  • 1 o 2 cucchiaini di miele di castagno (dipende come ti piace);
  • circa 50 grammi di philadelphia.

Spalma 50 grammi di philadelphia sul pane, 25 su una parte e 25 sull’altra. Sopra mettici il salmone affumicato, tagliandolo a pezzetti (con le mani o coltello, non ha importanza).
Dammi retta e taglialo per davvero, perché poi mangiarlo diverrebbe una seccatura inenarrabile.

Con un paio di forbici rompi le prugne ed adagiale sopra al salmone.
Versa poi un cucchiaino di miele su tutta la superficie:

Chiudi il panino e versa dell’altro miele sull’esterno:

È davvero tutto qui. Guarda la bellezza:

Siediti e mangia, te lo sei meritato.
Ciao e buon appetito!

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Un pensiero su “Sandwich Dovahkiin collezione inverno (featuring Il costume rotto di Morales e Wakanda Forever!).

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